Nel cuore della notte, Jacques Griffin (Claude Rains), un uomo con il viso bendato e con un paio di occhiali scuri, si presenta in una locanda e chiede ospitalità. L’uomo trascorre le giornate alle prese con provette e alambicchi, ed è sempre più scontroso e irascibile. Non appena finisce in bolletta il padrone della locanda decide di cacciarlo, ma ne nasce un parapiglia nel corso del quale Jacques si toglie le bende e mostra ai presenti che il suo corpo non ha alcuna consistenza organica, ed è praticamente invisibile. Griffin ha ottenuto questo incredibile risultato somministrandosi per cinque anni della monocaina, una sostanza dai poteri magici, estratta da un pianta dell’India, e quando comprende che non esiste un antidoto che possa farlo ritornare nella condizione di normalità, impazzisce. Cerca dapprima la complicità di Kent (William Harrigan), un ricercatore che lavorava nel suo stesso laboratorio e successivamente schiavo dei suoi deliri megalomanici, semina il panico facendo deragliare un treno e uccidendo un paio di persone. Tutti gli danno la caccia e dopo aver ucciso Kent che si era rifiutato di diventare suo complice, Grififin cade sotto i colpi di un poliziotto. Morirà in un misero letto d’ospedale, vegliato dalla sua amata Flora.
Capolavoro ineguagliabile del genere, trae la sue ispirazione dall’omonimo romanzo di Herbert George Wells e conserva a distanza di anni l’immenso fascino che lo ha reso immortale. Considerando i mezzi di cui disponeva Whale all’epoca, il film è un miracolo visivo e la scena di Jacques che si toglie le bende davanti agli esterrefatti presenti, quella delle sue impronte sulla neve e della materializzazione del suo corpo non appena muore in ospedale sono indimenticabili. Whale sa stemperare la tensione procurata dall’inquietante figura del protagonista e confeziona alcune scenette che sembrano fare il verso alle comiche del cinema muto. Il regista è attento a non costruire l’ennesima figura dello scienziato pazzo che ispira comprensione e tenerezza e prova a renderlo il più possibile odioso, antipatico e respingente, ma nonostante i suoi sforzi Griffin ispira un’infinita tristezza per il suo folle tentativo di trasformare la sua cocente sconfitta in un’ideazione delirante.
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