A quiet passion di Terence Davies – G. B, Belgio – 2016 – Durata 125’

Amherst. Massachusetts. La giovane Emily Dickinson, spirito libero, non regge al clima bigotto che si respira nel College di Mount Holyoke e fa ritorno a casa dalla cattolicissima famiglia, nutrendosi dell’affetto del rigido genitore David (Keith Carradine), della madre, del fratello Austin (Duncan Duff) e della tenera Vinnie (Jennifer Ehle).

Decisa a difendere il proprio spazio d’autonomia, pur credendo in Dio, si rifiuta di sottomettersi alle rigide regole imposte dal padre, che si circonda di preti e vorrebbe che le figlie fossero più dedite alla preghiera.

Amante della poesia, invia alcuni versi a Bowles, direttore della rivista Springfield Republican, che dapprima li pubblica in forma anonima e poi si spinge perfino a correggere la punteggiatura.

Introversa, scontrosa e decisa a non prendere marito, Emily rifugge gli eventi mondani e la corte discreta di alcuni spasimanti, preferendo comporre i versi di notte, quando è immersa nel più assoluto silenzio.

Dopo la morte del padre e della madre, si rinchiude ancor più nel suo mondo e…..

Non era facile descrivere la vita solitaria di una poetessa che ha trascorso l’esistenza all’interno del chiuso delle quattro mura domestiche.

Davies (Voci lontane sempre presenti, Infanzia perduta, La casa della gioia, Sunset dog…) vince (in parte) la scommessa (un robusto taglio in sede di montaggio avrebbe di certo alleggerito al fruizione della pellicola) e dirige un film che fonda la sua forza sulla perfetta descrizione di quel mondo cattolico e bigotto che tendeva a soffocare le spinte libertarie di una donna indomita e indipendente.

Il regista descrive Emily come una proto-femminista che si batte contro il mondo letterario maschile, indurita però dalla solitudine, fino ad apparire a volte insolente, acida e scontrosa.

Il termine “quieto”, riportato nel titolo, fotografa  appieno il sentimento di rassegnazione che attraversa il film.