Mary (Joanna Scanlan), vive a Dover e, per amore del marito Ahmed, prima di sposarsi, si è convertita all’Islam e, in luogo di Mary ha adottato il nome di Fatima. Lui muore e, per caso, lei scopre che a Calais aveva da anni una relazione con Genevieve (Nathalie Richard) e che è padre di Salomon, un adolescente. Senza rivelare la propria identità, Mary si presenta a casa della donna che sta traslocando. Genevieve la scambia per la cameriera inviatole dall’agenzia e lei, senza fiatare, rassetta, riempie gli scatoloni e annota tutto in silenzio. Con discrezione, poi, inizia a chiedere di Ahmed a Genevieve e a Salomon ….
Fulminante esordio di Aleem Khan, regista britannico di origine pakistana, che punteggia la narrazione con dei lunghi silenzi e dei dialoghi scarni, ma essenziali. Il film rimanda in qualche modo a Il figlio dei Dardenne e, come Olivier osserva, implodendo, Francis, quel ragazzo che gli ha ucciso il figlio, così Mary, pedina con lo sguardo Salomon e Genevieve. Più che spettacolarizzare i sentimenti, Khan li raffredda e disertati vendetta e ostilità, scava, in punta di piedi, nelle pieghe dell’animo umano.
Recensione pubblicata su Segnocinema- N.237- Settembre-ottobre 2022
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