Siamo nel 1964. Il ventiduenne Cassius Clay (Will Smith), stella in ascesa della boxe mondiale, incontra Sonny Liston, vince per ritiro al 7° round e diventa campione del mondo dei pesi massimi. Dopo aver frequentato il leader nero Malcolm X (Mario Van Peebles), sposa l’Islam, diventa uno dei portavoce delle lotte degli afroamericani per i diritti civili e cambia il nome in Muhammad Alì. Contro il parere del suo entourage, sposa Sanshi, una donna libera ed emancipata, con la quale entra subito in rotta di collisione. E’ in corso la guerra in Vietnam, ma Alì si rifiuta di partire, è squalificato, perde la corona dei massimi e rischia cinque anni di galera. Dopo mille battaglie condotte in televisione e sulla stampa, risale sul ring e batte, ad Atlanta, per kappao Jerry Quarry. La Corte Suprema lo riconosce innocente e lo rimette in libertà. Alì combatte contro Joe Frazier, ma perde. Ma è già pronto l’incontro con Foreman a Kinshasa, in Africa. Riuscirà Alì a riprendersi quel titolo che gli era stato ingiustamente tolto?
Michael Mann (Heat la sfida, Insider…) spreca una grande occasione ed impagina un biopic convenzionale sul più grande pugile di tutti i tempi, raccontando un decennio (1964 – 1974) cruciale della vita del campione. La prima parte intriga e mostra il baldanzoso e scattante Cassius Clay detronizzare Sonny Liston e, successivamente, sotto l’influsso di Malcom X, convertirsi all’Islam. La seconda parte perde di mordente e ed a tenere alta la tensione, più che la coraggiosa ed anticonvenzionale decisione di Muhammad Alì di non combattere in Vietnam e di perdere il titolo, sono le sue schioppettanti e pepate conferenze stampe ed i suoi simpatici siparietti con il telecronista Howard Cosell, interpretato da un graffiante Jon Voight.
Il regista non prende posizione, ma lascia intendere che, come tutte le star, anche il grande Muhammad fu circondato da manager astuti e senza scrupoli, che provarono a sfruttare il suo successo e la sua fama per arricchire il proprio portafoglio. Will Smith ce la mette tutta, ma è troppo acerbo per interpretare un mito come Alì. Limiti a parte, le sequenze degli incontri, sono girate con maestria, ma ci si aspettava vedere un Will Smith meno statico e che si muovesse come un ballerino sul ring, come faceva l’indiscusso campione che “volava come una farfalla e pungeva come un’ape.” Colonna sonora con brani da sballo.
Per un approfondimento sul tema “Cinema e sport” si rimanda al volume di Ignazio Senatore “Quando il campione recita”, edito da Absolutely Free.
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