Antwone Fisher (The Antwone Fisher Story) di Denzel Washington– USA – 2002- Durata 117’

25 Gennaio 2022 | Di Ignazio Senatore

Un sottufficiale bianco lo insulta e gli rivolge delle frasi razziste e Antwone Fisher (Derek Luke), giovane marinaio nero, gli salta al collo. Degradato a soldato semplice, rimedia quarantacinque di consegna e l’obbligo di dover effettuare tre sedute con uno psichiatra militare, il dottor Jerome Davenport (Denzel Washington). Anthwone ha un carattere chiuso e scontroso e, nella prima seduta, non apre bocca. Nella seconda non cambia atteggiamento e, rivolgendosi allo strizzacervelli, gli dice:

Può costringermi a venire qui, ma non può costringermi a parlare”.

Nell’ultima seduta Davenport riesce a far breccia nel suo cuore e lo aiuta a fare i conti con un passato fatto di abbandoni materni, di lutti e di eventi dolorosi e lo spinge a trovare la forza per incontrare la madre che non ha mai conosciuto ed i suoi familiari.

All’esordio dietro la macchina da presa. Washinghton sceglie soluzioni visive sobrie ed equilibrate e ci regala la vicenda del giovane protagonista lastricata di troppi traumi e tragedie; la madre lo partorisce in prigione e lo abbandona quando aveva due mesi; il padre (che non ha mai conosciuto) è  ucciso dall’amante con una fucilata; spedito all’orfanotrofio e poi al riformatorio, a sette anni Anthwone è dato in affidamento ad una donna crudele e malvagia che lo maltratta a piè sospinto e sua figlia Nadine lo seduce e lo rende schiavo dei suoi perversi giochetti erotici.

Troppa carne a cuocere e non basta la romantica storia d’amore con Cheryl (Joy Bryant) ad alleggerire una vicenda fin troppo satura di sofferenza. Washinghton non affonda però nel dramma e la sua narrazione è sobria, composta e priva di sbavature. Nonostante il passato doloroso Antwone ha le spalla larghe, non si piange addosso ed affronta la vita a muso duro e con a forza di chi guarda con ottimismo al proprio futuro. Il regista non scivola né nel patetico, né nel lacrimoso ed anche se il film è “all black”,  si tiene alla larga da attaccare i bianchi e lascia che l’odio e la discriminazione razziale siano solo sullo sfondo.

Davenport è descritto come uno psichiatra accogliente e molto umano che, non avendo avuto potuto avere dei figli adotta, idealmente, lo sfortunato marinaio. Toccante l’incontro del giovane protagonista con la madre; non appena la vede, Antwone, trattiene la commozione e si limita a chiederle: “In tutti questi anni non ti sono mancato?”. Dalla storia vera di Antwone Fisher.

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