Maria (Natalie Cristiani) vive prostituendosi, ricevendo in casa i clienti ed ha con Caterina (Giada Colagrande), la sorella minore diciassettenne, un rapporto così morboso, fusionale e soffocante che le impone di non andare più a scuola, di non frequentare amici e coetanei e di studiare a casa da sola. L’unico suo svago che le concede è quello di frequentare un corso di danza dove Caterina conosce Giovanni (Claudio Botosso), un cliente abituale di Maria che le fa il filo e se la porta a letto. Maria li smaschera e dopo aver proposto a Giovanni una notte d’amore a tre, l’avvelena. Come impazzita, Maria spinge Cristina alla prostituzione ed avvelena poi tutti gli uomini che sono andati a letto con lei. Sul finale Maria accetta, passivamente, di bere una tisana avvelenata preparata da Cristina, consapevole che non vi è altra via d’uscita al loro folle e oppressivo rapporto.
Opera prima della regista pescarese, in veste anche di attrice, che scandalizzò il Festival di Venezia dove fu presentato. Colagrande s’affida ad una scrittura filmica scarna ed essenziale, rifugge virtuosismi di macchina ed ambienta, claustrofobicamente, l’intera vicenda tra le mura spoglie del modesto appartamento dove Maria si prostituisce. Più che la vicenda torbida ed incestuosa quello che colpisce maggiormente è l’estremo appiattimento emotivo ed affettivo delle due protagoniste, che, prive di anima e di personalità, si muovono come ombre sullo schermo. Orfana di una madre prostituta, Maria si prende cura della sorella minore nell’unico modo che conosce, proponendosi come una carceriera dispotica ed asfissiante e scotomizzando i turbamenti che le provoca ogni qual volta che riceve un cliente. In una scena simbolo Maria si è appena ritirata in camera con un cliente; Cristina, che non osa mai ribellarsi alle sue imposizioni, per evitare che il cigolio del letto della sorella le perfori come un trapano la mente, alza al massimo il volume della radio e continua a studiare, come se nulla fosse. Colagrande cita Dante, Donne, lascia scorrere la musica di Schubert in sottofondo e, come contro-altare alle scene peccaminose tra le sorelle propone un paio di dipinti che raffigurano delle languide Madonne. Il finale cupo e pessimista lascia l’amaro in bocca.
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