Bubby (Nicholas Hope) ha trentacinque anni e vive in uno squallido e fatiscente scantinato. Non ha mai messo il naso fuori casa, convinto dalla madre che nel mondo esterno si può sopravvivere solo se si calza in volto una maschera anti-gas. Senza amici, né interessi, Bubby, enfant-sauvage, possiede un idioma molto limitato, fatto di frasi che ripete senza capirne il senso. Totalmente passivo e dipendente dalla madre, subisce le sue aggressioni fisiche ed accetta che lei lo usi per i suoi malsani desideri sessuali. Gli unici svaghi di Bubby sono quelli di travestirsi da donna (ed impersonare il ruolo della madre) e quelli di torturare un povero gattino. Un giorno, dopo anni d’assenza, compare suo padre, un uomo rozzo e violento che, con il suo arrivo, lacera il rapporto perverso e fusionale della coppia madre-figlio. Bubby non riesce a comprendere come possa essere escluso dai giochi erotici della coppia e, a poco a poco, intuisce che non occupa più alcun posto nel cuore di sua madre. Una notte mentre i due genitori dormono, avvolge il loro volto in uno spesso strato di cellophane e li uccide. Una volta fuori casa, si ritrova in un mondo sconosciuto, nel quale vigono delle regole che gli appaiono assurde ed incomprensibili. L’unica risorsa che ha a disposizione é quella di riprodurre mimeticamente i gesti e le parole degli altri. Nel corso del suo vagabondare senza meta, dopo varie peripezie, incontra una band musicale, che per caso, gli permette di esibirsi in pubblico; per l’originalità delle sue improvvisazioni canore, Bubby diventa una rock-star, idolo di migliaia di fans e….
Crudo, blasfemo, sarcastico, il film è una delle caratterizzazioni più estreme mai apparse sullo schermo, sul rapporto madre-figlio. Claustrofobico e asfissiante, nella prima parte, diventa scanzonato, irriverente e un po’ troppo furbo ed ammiccante nella seconda. Peccato per le stasi narrative e la caratterizzazione (forse) un po’ troppo calcata e di maniera del giovane protagonista. Bubby rinverdisce la folta rappresentanza degli “idioti” (“Oltre il giardino”, “Ho fatto splash”…) che hanno fatto improvvisamente fortuna (nel cinema) e nella vita. Con questa sua opera prima il regista australiano, dà vita alla sua prima creatura affetta da handicap; nel film successivo, infatti, la protagonista è tetraplegica e nel successivo Cloe è una bambina affetta da mutismo.
Questo sito utilizza strumenti di raccolta dei dati, come i Cookie. Questo sito utilizza Cookie tecnici e di terze parti per fornire alcuni servizi. Maggiori Informazioni
Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.