Ricorda Claude Chabrol: “A chi voglia girare un soggetto di sua scelta sono offerte due possibilità. A secondo delle sue aspirazioni il regista può raccontare la Rivoluzione Francese o una lite tra vicini; l’importante è che il film sia buono, ben diretto, ben costruito e che sia del buon cinema..” Il grande cineasta francese ci ricorda che non è il tema affrontato che determina la grandezza di un film. Domenico Fortunato, all’esordio dietro la mdp e co-sceneggiatore, affronta quello (abusato?) della malattia e ambienta il film prevalentemente tra le fredde mura di un ospedale dove il protagonista (lo stesso regista) è ricoverato a seguito di un’emorragia cerebrale. Al suo fianco, la moglie Anna (Donatella Finocchiaro) e i figli Alessandra e Andrea, musicista inquieto che nelle corsie ospedaliere s’imbatte nella dolce Claudia (Silvia Mazzieri), figlia di un altro ricoverato (Dino Abbrescia). Il film, lento e senza ruggiti, ha però il passo di una soap sentimentale. Sullo sfondo i trulli. Particina per Giorgio Colangeli.
Recensione pubblicata su Segnocinema- N.237- Settembre-ottobre 2022
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