Il matrimonio di Anna (Sandrine Bonnaire) sta andando a rotoli e per tentare di rincollare i cocci della sua vita, non le resta che rivolgersi ad uno psicoanalista, il dottor Monnier (Michel Duchaussoy).
Anna centra il piano (il sesto) ma sbaglia porta e racconta le proprie “confidenze intime” a William Faber (Patrice Luchini) un grigio e solitario consulente fiscale che, travolto dall’insolita situazione non le rivela la propria identità ed accetta di rivederla per un successivo appuntamento.
Nel corso degli incontri, dopo aver aperto il proprio cuore, Anna gli racconta che il marito, invalido a causa di un incidente d’auto, le chiede, insistentemente, di andare a letto con un altro uomo.
William, segretamente innamorato di lei, l’ascolta attentamente, in un religioso silenzio, anche se, più di una volta, è attraversato dall’idea che lei menta e che voglia solo metterlo alla prova.
Dopo vari incontri lei gli comunica che si è separata dal marito e che ha ritrovato il proprio equilibrio.
Le loro strade si dividono ma William la rintraccia in un paesino del Sud della Francia dove i due continueranno le loro sedute “analitiche”.
A dispetto del titolo fuorviante che potrebbe rimandare a delle confidenze erotiche o troppo spinte, il film, elegante, raffinato e delicato, narra di passioni (sopite), di sguardi languidi e trattenuti, di gesti silenziosi ed interrotti.
Al regista francese non interessa proporre una parodia della psicoanalisi e pur partendola uno spunto che poteva essere comico e dare il via ad una serie di esilaranti equivoci, non banalizza la vicenda ma racconta di due persone (sole e svuotate) che sono alla disperata ricerca di qualcuno che li ascolti.
L’elemento intrigante di tutta la vicenda è la scoperta (precoce) di Anna che William non è un’analista; non fugge via ma lo sceglie perché ha intuito che lui è solo e disperato quanto lei ma è soprattutto in grado di ospitare, in silenzio, le sue riflessioni ed i suoi tormenti.
Metodico, ordinato, meticoloso e preciso, William ha condotto tutta la propria esistenza per evitare imprevisti e contraccolpi ma l’inaspettato ingresso in campo di Anna gli ridà smalto ed un’insperata voglia di vivere.
Travolto da questa nuova avventura, di tanto in tanto, William consulta il dottor Monnier e discorrono sulla bontà dell’analisi e su ciò che rende terapeutico un trattamento.
Il film, girato quasi completamente nello studio di William e con pochissimi esterni è praticamente perfetto ed è una vera gioia per gli occhi.
Non mancano i momenti di sottile ironia; Anna s’imbatte, in un paziente claustrofobico che le confessa che per lui andare in terapia è “come dal dentista; dopo mi fa ancora più male” e poi le chiede perché è in cura. Sorridente, lei gli risponde: “E’ lui che viene da me. Sono la sua unica paziente”.
Per un approfondimento sul tema con schede film e commento critiche si rimanda alla lettura di “Cinema mon amour I 100 film francesi da amare” di Ignazio Senatore – Classi Editore – 2024
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