Henry Chinaski (Matt Dillon) è uno scrittore squattrinato ed alcolizzato. Spento, apatico e svuotato, non riesce a mantenere uno straccio d’impiego.
Trasandato, con la barba incolta e l’andatura ciondolante, lavora in una fabbrica di sottoaceti e cattura l’interesse di Jane (Lili Taylor), una donna sbandata e bevitrice quanto lui.
Impiegato in un negozio di ricambi di bicicletta, conosce Manny (Fisher Stevens) e con lui inizia a scommettere sui cavalli e a guadagnare una piccola fortuna.
Per un periodo veste elegantemente, beve whisky di marca, ma Jane si sente trascurata e, lui, stufo delle sue lamentele, la pianta.
Dopo una breve avventura con Laura (Marisa Tomei), è assunto come custode di un museo e poi come corrispondente di un quotidiano, ma nulla sembra scuoterlo dall’indolenza e dal torpore e soltanto l’inseparabile bottiglia di whisky sembra donargli un pizzico di bagliore negli occhi.
Jane gli s’incolla addosso come un francobollo ed Henry, nuovamente disoccupato, dopo aver chiuso definitivamente con lei, ripiombato nell’indifferenza e nell’apatia, girovaga senza meta per la città.
Il regista norvegese (Eggs, Kitchen stories, Il mondo di Horten, 1001 grammi…) rispolvera il personaggio di Henry Chinaski (alter ego di Charles Bukowski) già protagonista di Barfly, ma rispetto a Schroeder, più che un alcolizzato innamorato della propria bottiglia, ci mostra un nichilista, sconfitto e chiuso in se stesso, che si lascia scivolare la vita addosso, senza reagire.
Ma forse, a ben vedere, la scrittura è l’unica cura che sembra dare ad Henry la spinta necessaria per affrontare il mondo, anche se l’unico racconto che la casa editrice gli pubblica ha un titolo significativo: “La mia anima gonfia di birra è più triste di tutti gli alberi di Natale morti del mondo”.
Intelligentemente Haner evita il lieto fine e i bozzettismi di maniera e dirige un gran film, perfettamente equilibrato, dai dialoghi secchi e pungenti, arricchito dalla voce off del protagonista che snocciola qua e là delle piccole perle di saggezza. Dillon, magnetico, mai sopra le righe.
Tratto dal romanzo autobiografico di Bukowski e arricchito da episodi tratti da diverse poesie e dal racconto Il capitano è fuori a pranzo.
Questo sito utilizza strumenti di raccolta dei dati, come i Cookie. Questo sito utilizza Cookie tecnici e di terze parti per fornire alcuni servizi. Maggiori Informazioni
Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.