Giorgia (Monica Vitti) è sposata da otto anni con Amedeo (Orazio Orlando), un’incolore direttore di banca, che non si prende cura di lei. Una mattina mentre stanno facendo colazione, Giorgia sente una “voce” maschile che le “ordina” di spegnere la sigaretta nel piatto dove il marito sta gustando un uovo al tegamino. Amedeo la guarda stranito e lei stessa non sa spiegare le ragioni di quell’ “insano” gesto. Ma la “voce” non le dà pace e, qualche ora dopo ,le “ordina” di graffiare con un chiodo la fiancata dell’auto nuova di zecca del marito a cui lui tiene tanto e di rimorchiare sul lungomare un giovane imbianchino a cui, dona anche cinquemila franchi. Stordita e confusa, ritorna a casa e la “voce” le “ordina” di raccontare al marito la verità; Amedeo dapprima non le crede poi, dopo aver sbraitato per un po’, si rimette tranquillamente a dormire. Giorgia ed Amedeo sono ai ferri corti e lui, stufo dei suoi bizzarri comportamenti, la caccia di casa. Dopo aver fatto visita alla madre che inneggia all’utilità del matrimonio, Giorgia incontra Nancy (Claudine Auger), una straniera libera ed emancipata a cui racconta quello che le sta capitando e lei, senza scomporsi più di tanto, “svelandole” il senso della sua ribellione, le dice: “ Secondo me, la voce che tu dici di sentire non esiste. Sono solo i tuoi desideri repressi che tu, inconsciamente, trasformi in ordini. E’ che tu hai bisogno in qualche modo di nascondere la verità. La verità è la tua scontentezza, tu non te ne rendi conto. Anche se sembriamo donne moderne, noi italiane siamo rimaste antiche dentro. Siamo destinati dalla nascita in poi a servire i padri, i fratelli e poi i mariti.” Libera finalmente dalla voce che le dava “ordini”, Giorgia s’imbatte in uno scultore d’avanguardia (Gigi Proietti), anticonformista e libertario, che si batte contro la mercificazione dell’arte. Ben presto l’artista inizia a schiavizzarla al pari del marito e Giorgia sente comparire nuovamente la “voce”. Intuito che deve vivere libera da legacci e catene, lo abbandona.
Commedia divertente, tratta dall’omonimo racconto di Alberto Moravia e sceneggiato da Tonino Guerra, attraversata dai ruggiti femministi, dalle battaglie per l’emancipazione dal maschio-padrone e la legalizzazione dell’aborto. La vicenda, simpatica ed originale, ruota intorno alla “ribellione” della protagonista che agisce, come un automa, quello che la voce maschile le “ordina” di fare: “Ascolta quello che ti dico, fidati di me, non fare domande, obbedisci”. Dopo aver tentato invano di resisterle, Giorgia esegue passivamente gli “ordini” che le vengono imposti e al marito, smarrita e spaesata, confida: “Sento una voce, cerco di resisterle ma non ci riesco. E’ così testarda.”. Il regista è bravo nel sottolineare lo sconcerto della protagonista, costretta a piegarsi alla volontà della voce maschile che le ordina, d volta, in volta, cosa fare. Per rendere chiaro l’ingresso in campo dell’ordine ricevuto dalla protagonista, il regista lo fa precedere da un piccolo segnale acustico, simile ad un fischietto.
Per i rimandi filmografici, le schede film ed un esaustivo approfondimento sul tema si rimanda ai volumi “Cinema Mente e Corpo” e “Cinema (italiano) e psichiatria” di Ignazio Senatore – Zephyro Edizioni.
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