Gran bollito di Mauro Bolognini – Italia – 1977 – Durata 115’

24 Gennaio 2022 | Di Ignazio Senatore
Gran bollito  di Mauro Bolognini – Italia – 1977 – Durata 115’
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Dopo diverse gravidanze non portate a termine, Lea (Shelley Winters) vive solo per Michele (Antonio Marsina), l’unico figlio sopravvissuto alle numerose disgrazie e malattie. Donna dal basso livello culturale e profondamente legata ad una concezione arcaica, scaramantica e primitiva del mondo, gestisce una ricevitoria del lotto frequentata dal solito via vai di persone afflitte e  sconsolate; Berta Maner (Alberto Lionello) sposata con un uomo che vive in America e che non vede da venti anni; Lisa Carpi (Max Von Sidow)  ancora alla ricerca dell’anima gemella e Stella Kraus (Renato Pozzetto) cantante che si esibisce in un piccolo localino notturno. Lea diviene loro amica e, dopo averle invitate singolarmente a casa, le decapita, le fa a pezzi e dopo aver bollito i loro corpi con la soda caustica in un enorme pentolone, ne ricava sapone e biscottini. La scia di sangue si allunga talmente da insospettire la polizia. Lea è sul punto di uccidere anche Lisa (Laura Antonelli), la fidanzata di Michele, ma si blocca non appena la ragazza le confessa di essere incinta.

Il film è preceduto da un esemplificativo commento che compare nei titoli di testa: “Questa storia è liberamente tratta da avventure realmente accadute in America, in Egitto ed in Italia. Il riferimento a persone vissute o ancora viventi è assolutamente inesistente. Questa è una storia che non trova spiegazioni di tipo psicoanalitico o sociale. E’ il mistero della follia non individuale ma collettivo. Detto di passaggio è la favola dell’umanità che nella storia si realizza attraverso mostruosi massacri subito dimenticati.”

Fedele a questo dettato il regista lascia trapelare tra le righe che Lea avrebbe ucciso le sue vittime solo per proteggere il suo adorato Michele dalla scure della morte, dalle insidie delle donne e dalla minaccia dello scoppio della guerra. Bolognini non scava nella mente della protagonista e quando lei è arrestata, nel salutare il marito, gli dirà: “Perché ho ucciso? Solo Dio lo sa. No, solo io.”  La morte fa ben presto capolino con i dolorosi racconti della protagonista che narra a Berta dei figli deceduti prematuramente e degli aborti spontanei che aveva dovuto subire. Non mancano dei piccoli rituali scaramantici (Lea strappa il cuore dal petto di un agnello per conservarlo in un vaso di vetro dove custodisce la foto del figlio) qualche frase oscura (“La morte si tiene lontana con la morte”) e qualche tocco macabro (la mano di Berta che galleggia in primo piano nel pentolone). Bolognini lascia (quasi) sempre fuori campo le scene del delitto, concedendo allo spettatore di vedere l’ombra minacciosa dell’ascia che si abbatte sul capo delle vittime, qualche  spruzzo di sangue che inonda il tavolo della cucina ed il pavimento colorato di rosso. Nonostante gli sforzi del regista di dare un tocco grottesco alla vicenda, non convincono le scelte di doppiare Shelley Winters con un accento spudoratamente dialettale e quello di regalare a Max Von Sidow, Renato Pozzetto ed Alberto Lionello abiti femminili, parrucche, smalto e rossetto. Tratto liberamente dalla vera storia di Leonarda Cianciulli, la Saponificatrice di Correggio, condannata all’ergastolo nel 1946 per i suoi efferati delitti.

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