Ho sparato a Andy Wharol di Mary Harron – USA – 1996 – Durata 93’ – B/N

24 Aprile 2024 | Di Ignazio Senatore

Anno 1968, La ventottenne Valerie Solanas (Lili Taylor), lesbica, con un’infanzia da dimenticare alle spalle, non disdegna di vivere come una clochard, chiedere l’elemosina e prostituirsi, andando a letto con vecchi sporcaccioni.

Laureata in psicologia, dopo aver frequentato qualche artista e l’ambiente underground della città, incontra Maurice Girodias (Lothaire Bluteau), editore di Olympia Press, che pubblica il suo Scum (Società per fare a pezzi l’uomo), un manifesto sferzante, provocatorio e pungente nel quale, con espressioni spesso triviali, teorizza la superiorità delle donne sugli uomini.

Valerie s’aggira sempre più negli ambienti frequentati da lesbiche e travestiti ed è ospitata da Candy Darling (Stephen Dorff), una trans che le presenta Andy Warhol. Valerie inizia a gironzolare sempre più nella Factory e Warhol, attratto dalla sua vivacità, le chiede di interpretare un video.

Decisa a spazzare via l’ipocrisia imperante, Valerie scrive un altro pamphlet “rivoluzionario”, dal titolo Ficcalo in culo e più volte lo propone a Warhol che, dopo averlo letto, non trovandolo interessante, non lo pubblica.

Sempre più esaltata, instabile e aggressiva, Valerie inizia a tempestare l’artista di telefonate e si convince che lui stia sfruttando il suo lavoro.

Sempre più paranoica, il 3 giugno 1968, si reca nella Factory e con una Beretta spara in petto a Warhol e ad altri due collaboratori della “Factory”. Ricoverata tre anni in manicomio criminale…

Mary Harron, all’esordio, impagina un film, girato in bianco e nero, dal taglio quasi documentaristico, che ruota intorno alla controversa e fanatica femminista americana, autoproclamatasi leader di una nuova organizzazione rivoluzionaria che si batteva contro l’imperante universo maschile.

La regista raffredda troppo la narrazione con la lettura da parte della mascolina protagonista dei suoi pamphlet caustici e scurrili e la descrive come una donna che, seppur psicologicamente disturbata, ha contribuito a dar voce al vento libertario del movimento femminista, in auge in quegli anni.

La figura di Andy Warhol sembra sbiadita e la Factory una pallida copia del famoso centro popolato da decine di pittori, musicisti che hanno influenzato l’arte di fine Novecento. Ottima la colonna sonora.

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