A Cinisi, paesino a pochi chilometri da Palermo, il mafioso Don Cesare Manzella (Pippo Montalbano) fa il bello e cattivo tempo, gestendo intrighi ed affari. L’unica voce contro è quella di Stefano Venuti (Andrea Tidona), il segretario di partito della sezione del PCI, che invano prova a scuotere i concittadini. Passano gli anni e la mafia ha messo le mani sulla costruzione dell’aeroporto di Punta Raisi. Don Cesare muore per mano della mafia e in città Tano Badalamemti (Tony Sperandeo) diviene il Mammasantissima. Peppino Impastato (Luigi Lo Cascio), diventato maggiorenne, inizia a frequentare la sezione del PCI, accusa Venuti di essere troppo arrendevole e cauto nei confronti della mafia, scrive sul giornale Idea socialista articoli contro Mafiopoli, che accusano Tano (soprannominato con sarcasmo ed ironia Tano seduto) di gestire gli appalti ed il traffico di droga in Sicilia. Non pago, Peppino dà vita ad un cineforum e fonda Radio Aut, un’emittente indipendente. Invano, il padre Luigi (Luigi Maria Burruano), parente dei boss locali, gli suggerisce di non sfidare il potere mafioso e, come estremo tentativo, lo caccia di casa. Ma Peppino non molla e Luigi viene assassinato dalla mafia. Peppino decide di candidarsi alle elezioni nelle liste di Democrazia Proletaria. Il 9 maggio del 1978, giorno in cui veniva ritrovato il corpo di Aldo Moro, Peppino è massacrato dalla mafia che prova a far passare la sua morte per un suicidio.
Giordana dirige un film d’impegno civile, mette al centro della narrazione il coraggioso protagonista che sfida a viso aperto la tentacolare organizzazione mafiosa. Ma il regista punta anche al rapporto conflittuale Peppino ed il padre, un uomo abituato a chinare la testa di fronte alla mafia e che si ostina a non comprendere perché il figlio, che da bambino recitava le poesie ai boss giunti dall’America, si ribella e si batte contro la mafia. Sin dalle prime battute, Luigi, preoccupato per la scelta politica del figlio, confida alla moglie Felicia (Lucia Sardo): “Se se la fa con quei morti di fame con i comunisti, l’ammazzo” Per rassicurarlo, di rimando, lei gli risponde: “E’ picciotto ancora, poi vedi che appena cresce, cambia.” Per evitare le ritorsioni della mafia, la madre compra tutte le copie del giornale su cui il figlio scrive gli articoli ed il padre prova, inutilmente, a convincerlo ad andare via dal paese. “Tu vuoi lasciare questo cesso di paese? T’aiuto io. Te lo trovo io un posto a Palermo, subito. Ma tu devi promettermi che ti levi dalla testa tutte queste minchiate sulla mafia. Tu non lo capisci se parli così, quelli ti ammazzano?” Fedele ad una concezione del mondo dove nessuno deve essere connivente con il potere mafioso, in una delle scene cardine del film, Peppino invita il fratello minore Giovanni (Paolo Briguglia) a contare i passi (cento) che dividono casa loro da quella di Tano e di notte, giunto di fronte all’abitazione del boss, urla a squarciagola: “Mio padre, la mia famiglia, il mio paese! Io voglio fottermene! Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Io voglio urlare che mio padre è un leccaculo! Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!” Dopo aver preso le distanze dal padre, un uomo che, secondo lui, non ha dignità perché, umiliandosi, accetta passivamente il potere mafioso, Peppino alza sempre più il tiro. Luigi, convocato dai boss mafiosi sempre più intolleranti ed insofferenti, comprende che è l’ultimo avvertimento e, rientrato a casa, dopo aver sferrato un pugno allo stomaco di Peppino, tra le lacrime, gli chiede: “In chiesa quando eri bambino al catechismo, qual è il primo comandamento che ti hanno insegnato? Onora il padre. Onori tuo padre? Dimmelo! Onora tuo padre? Dimmelo! Onora tuo padre? Dimmelo! Onora tuo padre? Dimmelo!” . Il film è attraversato da momenti di rara poesia; su tutti lo scambio tra Peppino che si rivolge a un compagno e gli dice: “Se vuoi farti sentire certe volte devi fare la voce grossa” e questi che, di rimando, gli risponde: “Invece no perché se fai la voce grossa fai capire che stai male, non ti fai ascoltare, non ti fai sentire.”
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