Ignazio Senatore intervista Diego Olivares: “Veleno” con Luisa Ranieri, Massimiliano Gallo, Salvatore Esposito

23 Settembre 2016 | Di Ignazio Senatore
Ignazio Senatore intervista Diego Olivares: “Veleno” con Luisa Ranieri, Massimiliano Gallo, Salvatore Esposito
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“Veleno” ovvero storie di complicità, di sofferenze, di intrighi e di riscatto sullo sfondo dell’ormai tristemente famosa terra dei fuochi. Una terra dove spesso e volentieri ci si ammala e dove intere esistenze, famiglie, finiscono quasi sempre coinvolte in un vortice distruttivo. “Veleno” è il nuovo film del regista napoletano  Diego Olivares, attualmente in fase di montaggio, girato essenzialmente tra Villa Literno, Cancello Arnone e Montevergine.

Un gradito ritorno dietro la macchina da presa di un cineasta che raccolse lusinghieri consensi dalla critica con il suo “I cinghiali di Portici”, girato nel lontano 2006 e che da allora ha prodotto alcuni interessanti documentari. “Veleno”  narra di due famiglie, legate indissolubilmente, l’una all’altra. Una donna, interpretata da Luisa Ranieri, felice perché in dolce attesa, scopre che il marito, Massimiliano Gallo, vittima dei “veleni” che si sprigionano in quella terra, si è ammalato. La loro azienda a va a rotoli ed il fratello di Massimiliano diventa “complice” di alcuni speculatori, si mette al loro servizio e con il suo camion, inizia a “sversare” rifiuti tossici in discariche abusive, collocate  in quel territorio.

A fare da anello di congiunzione con i “malavitosi” Salvatore Esposito (ancora ebbro dei successi di “Gomorra” in Amrica), nei panni di un avvocato arrivista e senza scrupoli e Nando Paone.

Non è un film sulla terra dei fuochi, né sulla camorra, racconta il regista, ma soprattutto una storia di contaminazione di anime, realmente accaduta, che mette in campo vittime e carnefici, chi prova a difendersi e chi si lascia corrompere, vista anche dagli occhi dei bambini. Un film voluto fortemente da Gaetano Di Vaio (è prodotto da I Figli del Bronx e da Minerva Pictures), che mi ha proposto questo progetto al quale ho aderito immediatamente con entusiasmo. “Veleno” non è un film a tesi, non contrappongo i buoni ai cattivi, chi ha torto e chi ha ragione ed il mio intento non è assolutorio. Non giudico, non condanno i personaggi anche perché, secondo me, il cinema deve insinuare dubbi, domande.”

Un film che non nasce per cavalcare, strumentalmente, l’onda del fenomeno Terra dei Fuochi ma per raccontare destini che si incrociano, chi lotta e chi si arrende alla dura realtà e di come cambia la vita di una persona che si ammala, vittima di queste tragedie. I “malavitosi” sono sullo sfondo e più che i clan ho voluto narrare la complicità dei “colletti bianchi”, di chi vive di sponda, ma che è egualmente responsabile di quanto accaduto in quelle terre. Ma forse, a ben vedere, la grande protagonista del film è la natura che reagisce e si rigenera sempre e che continua a germogliare vita. Un finale, insomma, che vorrebbe essere ottimistico e lanciare un messaggio di speranza.”  

Articolo pubblicato il 20-9- 2016 su Il Corriere del Mezzogiorno

 

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