Ignazio Senatore intervista Vincenzo Marra: “La volta buona”

1 Luglio 2020 | Di Ignazio Senatore
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“Questo film è un omaggio a Mario Monicelli che, dopo aver visto i miei documentari, mi disse: “Hai anche un altro braccio, quello dell’ironia, prima o poi lo utilizzerai per i tuoi film di finzione.
Questa sceneggiatura l’ho tenuta nel cassetto per diversi anni e poi è nata l’occasione di poterlo realizzare, grazie a Timvision e agli altri produttori.” Così Vincenzo Marra, regista napoletano che torna domani in sala con “La volta buona”, il suo sesto lungometraggio di finzione realizzato dopo l’abbagliante esordio nel 2001 con “Tornando a casa”, premiato a Venezia come “miglior film della Settimana della critica” e con un David di Donatello come “miglior opera prima” e “Vento di terra”, premiato nel 2004 nella “Sezione  Orizzonti” a Venezia.

Una scelta coraggiosa la sua, quella di puntare sulla sala cinematografica. Molti suoi colleghi, penso alla Comencini, a Giaampaolo Morelli, a Nunzia De Stefano hanno scelto di lanciare direttamente il loro film sulle piattaforme on demand.

“Il film esce nelle sale perché la distribuzione crede molto in questo progetto. Mi hanno già invitato a presentarlo nei drive-in e nei cinema all’aperto in tutt’Italia, ma non ho ancora delle date e il tutto è ancora in divenire.”

Cosa racconta “La volta buona”?

“Il film narra di Bartolomeo, un procuratore sessantenne, interpretato da Massimo Ghini, che ha una vita scompaginata; è rincorso dai creditori ed ha un matrimonio fallimentare alle spalle. Riceve la telefonata da un amico (Max Tortora) che vive in Uruguay che gli dice che ha scoperto Pablito (Ramiro Garcia), un giovanissimo fenomeno che è il nuovo Maradona. Ghini vola laggiù nella speranza che, come recita il titolo del film, per lui sia “la volta buona”. E’ la storia della deriva di un uomo che spera che gli capiti l’occasione giusta che per cambiare vita ed azzerare le sconfitte e una riflessione sull’impossibilità di sopportare la frustrazione. Nel corso della storia, infatti, Ghini scoprirà delle cose di se stesso con le quali non aveva mai preso contatto prima.”

Anche un altro suo film “La prima luce” era ambientato in America Latina.

“In quel film era il Cile. Ho scelto di girarlo in Uruguay, perché ho vissuto tanti anni in America Latina e volevo che il piccolo protagonista del film non parlasse in portoghese, ma in spagnolo. E poi sono molto legato a questi paesi, non solo per delle battaglie politiche per le quali lottavo quando ero giovane, ma anche per delle storie legate alla mia famiglia.”

Articolo pubblicato su il Corriere del Mezzogiorno 1.-7.2020

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