Irena Dubrowna (Simone Simon), una ragazza serba, attratta irresistibilmente dal fascino delle pantere, si reca più volte al Central Park di New York per disegnarle.
Un giorno, incontra Oliver (Kent Smith), un simpatico architetto e insieme si recano in un negozio che vende animali; non appena lei entra, gli uccellini si agitano nelle loro gabbie, come impazziti.
Ad Oliver Irena racconta una strana leggenda che riguarda le donne del suo villaggio: lei appartiene ad una razza d’antichi mutanti e, se bacia o fa l’amore con un uomo, si trasforma in pantera.
L’uomo non dà credito alla sua storia, se ne innamora e la sposa. Dopo il matrimonio, Irena sembra essere sempre più infelice ed irrequieta.
Su consiglio di David, decide di consultare il dottor Judd (Tom Conway), uno psichiatra di gran classe che, dopo averla ipnotizzata, con tono professionale, al risveglio, la rassicura e le consiglia di non dar peso a quelle strane credenze.
Nel corso di una seduta successiva si rivolge nuovamente a lei e, convinto d’averla stregata con il proprio fascino, con tono suadente, prima di baciarla, le sussurra: “Non ho paura di te. Non aver paura di me, Irena.”
Un attimo dopo, un ruggito riempie la stanza e l’ombra di un artiglio si staglia su di una parete…
La pellicola, in parte ispirata al racconto The eyes of the panther di Ambrose Bierce, è uno dei più famosi B-movie (quei film girati a basso costo e proiettato in sala in seconda battuta quando al cinema si vedevano due film al prezzo di uno) della storia del cinema.
Sempre in bilico tra realtà e immaginazione, il regista (Ho camminato con uno zombie, L’uomo leopardo, Schiava del male, Le catene della colpa…) tratteggia con una straordinaria forza evocatrice le paure ancestrali della protagonista, ossessionata dall’idea di trasformarsi in pantera, se cede ai propri istinti sessuali.
Gli aspetti ambivalenti del personaggio sono amplificati dal faccino tenero ed angelico dell’attrice protagonista e dalla sfrenata gelosia che nutre per Alice, un’amica del marito.
Tourneur fa un uso spettacolare della luce indistinta e fortemente contrastata ma, al di là delle cifre stilistiche adottate, la bellezza del film è nel suggerito, nel non mostrato, nei percorsi sottotraccia ai quali s’ispira.
Il finale, aperto, lascia volutamente nel dubbio: Irena è una donna-pantera o soltanto una donna folle e sessuofobica, in preda ad un delirio?
Nell’edizione originale il film mostrava in apertura una citazione di Freud, scomparsa poi in quelle successive.
Da cineteca la scena del gattino di Oliver che scappa, quando Irena s’avvicina e quella dell’uccellino che muore stecchito, non appena lei apre la porticina della gabbia per prenderlo in mano.
Scialbo il remake di Paul Schrader dell’82 con Nastassja Kinski.
Per un approfondimento sul tema con schede film e commento critiche si rimanda alla lettura di “Cinema mon amour I 100 film francesi da amare” di Ignazio Senatore – Classi Editore – 2024
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