Il portiere di notte di Liliana Cavani – Italia – 1974 – Durata 120’ – V.M 14

13 Agosto 2020 | Di Ignazio Senatore
Il portiere di notte di Liliana Cavani – Italia  –  1974 – Durata 120’ – V.M 14
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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1957 Lucia (Charlotte Rampling), moglie di un direttore d’orchestra, pernotta in un albergo viennese dove lavora come portiere di notte Max (Dirk Bogarde) ex ufficiale delle SS e suo aguzzino in un campo di sterminio nazista. I ricordi di quei terribili giorni dove quell’uomo l’umiliava, la picchiava e la violentava risalgono, improvvisamente, a galla. Una forza impetuosa la travolge ed invece di partire per Francoforte con il marito, resta a Vienna per rituffarsi tra le braccia del suo ex torturatore. Klaus (Philippe Leroy) ed Hans (Gabriele Ferzetti), ex ufficiali del Terzo Reich, per non essere riconosciuti e poi processati, non hanno mai smesso di dare la caccia ai superstiti del lager, testimoni dei loro orrori. Max comprende che sono risaliti alla vera identità di Lucia e, per proteggerla, abbandona il lavoro e si rifugia con lei nel proprio appartamento. Braccati e senza più alcuna via di scampo, i due si lasciano morire.

Cavani scava in fondo agli orrori dell’anima umana e penetra negli abissi dell’abiezione, della degradazione fisica e morale. Niente è lasciato al caso; i continui passaggi tra il presente e gli orrori del passato, le musiche di Daniele Paris, i balletti di Ugo Cardea, una Vienna fredda e glaciale, la magistrale fotografia di Alfio Contini fanno da cornice ad una storia che, pur facendo raggelare il sangue, affascina ed ipnotizza. Alla contessa Erika Stein (Isa Miranda) una delle ospiti dell’albergo, Max confessa l’amore che nutre per Lucia:“L’ho ritrovata e voglio che nessuno me la tocchi. Io l’amo. E’ la mia bambina. Per me è la stressa, è sempre la stessa. La credevo morta. Non è una storia romantica è una storia biblica. E’ la storia di Salomè”. Max è descritto come una personalità perversa e gravemente disturbata che, spacciandosi per medico, quando vestiva i panni da ufficiale delle SS, infliggeva ai deportati delle torture così dure che pochissimi erano sopravvissuti. Con il passare degli anni Max ha provato a seppellire il proprio passato al punto che ad i suoi ex commilitoni, confida: “Se ho voluto vivere come una talpa c’è una ragione. La ragione per cui lavoro di notte è la luce. Ho un senso di vergogna alla luce.”  L’incontro con Lucia risveglia in lui antiche passioni e rimette in moto quei fantasmi che, per anni, aveva tentato di relegare in soffitta, spingendolo  nuovamente a rivestire i panni del carnefice. Cavani sorprende tutti e, in luogo di una storia di una donna che si vendica del proprio aguzzino, ci regala una vicenda dove è lei a cercarlo, a desiderare di fare l’amore con lui ed a ripristinare quei giochi perversi e malsani di un tempo.

Prima del tragico epilogo Hans va da lei per capire cosa sta tramando e prima di congedarsi, le dice: “Noi abbiamo avuto il nostro processo terapeutico e siamo guariti. Tu, piuttosto sei malata; non ti saresti rimessa con uno che ti ha fatto…Ciò non toglie che la tua mente è disturbata, ecco perché stati qui a frugare nel passato.”  La risposta di Lucia non ammette repliche:“Max è più del mio passato. Io sto bene qui”.

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