Il trapianto di Steno – Italia – 1969 – Durata 104’ – V.M 14

11 Dicembre 2021 | Di Ignazio Senatore
Il trapianto di Steno – Italia – 1969 – Durata 104’ – V.M 14
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Un ricchissimo americano, sposato con una giovane brasiliana, non ha più la virilità di un tempo e, per riacquistarla, è disposto a donare un miliardo al donatore.

Gli emissari del luminare svizzero, dopo un’accurata selezione, individuano tre possibili papabili; Dario (Renato Rascel), un barbiere romano, padre di quattordici figli; un barone siciliano (Carlo Giuffrè) senza più il becco di un quattrino, noto per le sue scorribande amorose, ma assillato dai creditori; Rocco (Gerlando Martelli), un contadino veneto, tutto muscoli e niente cervello.

Spinto dalla moglie Adele (Liana Trouché) e dai familiari, Dario, dopo mille esitazioni, parte per la Svizzera, seguito a ruota dal forzuto e tonto contadino e dal focoso barone. Giunti nella lussuosa clinica, i tre candidati sono sottoposti a una serie di accertamenti clinici.

Il barone è convinto di essere il prescelto che risulta essere, invece, Dario. La stampa da grande risalto all’operazione, ma cela il nome del donatore. Ritornato in Sicilia, tutti credono che il barone sia finito sotto i ferri. Lui, intuito che può approfittare della situazione, si porta a letto le mogli dei compaesani.

Scoperto, sta per essere sparato a colpi di lupara, ma il boss del luogo lo grazia, e lo costringe a ritornare in Svizzera e a sottoporsi al trapianto; il ricco di turno è questa volta Dario che si sottopone all’operazione al costo di trecento milioni.

Pellicola che uscì sull’onda del primo trapianto cardiaco effettuato da Chris Barnard a Città del Capo nel 1967, che fece storcere il naso a molti critici d’allora. La vicenda è trattata, invece, da Steno con discreta ironia, e da un velo di pacata tristezza.

E se ne Il boom, pellicola diretta da De Sica nel 1963, l’imprenditore Giovanni Alberti sacrificava un occhio per rimettere a posto le proprie finanze dissestate, Dario e il barone devono, invece, immolare sul tavolo operatorio la propria virilità.

Steno, in questo film, amaro, ma divertente, muove anche lui un timido attacco a chi, possedendo soldi e ricchezze, sfrutta le miserie della povera gente chiedendo loro di vendere l’anima e il corpo.

Steno pesca sui luoghi comuni (il focoso siciliano, il contadino forzuto senza cervello) e reclutando il prolifico Dario, confonde fertilità con virilità. Giuffrè, diretto la seconda volta da Steno dopo Cose di Cosa Nostra di Steno del 1971.

Nel cast Adriana Facchetti, all’esordio nelle commedie sexy e Liana Trouchè, l’allora moglie di Aldo Giuffrè, anche lei all’esordio nel genere, morta qualche anni dopo, in un incidente d’auto mentre alla guida era Gino Bramieri.

 

Per un approfondimento sul tema si rimanda al volume di Ignazio Senatore “La commedia sexy alla napoletana Enzo Cannavale, Vittorio Caprioli Carlo Giuffrè”, edito da Il Foglio Letterario – 2024

 

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