Stourley Kracklite (Brian Dennehy) un famoso architetto americano cinquantenne nutre una smodata passione per Etienne-Louis Boullée, uno degli architetti utopisti dell’illuminismo francese del Settecento a cui sta dedicando una mostra a Roma.
Giunto nella capitale con la moglie Louisa (Chloe Webb) inizia a soffrire di strani dolori all’addome e consulta medici e chirurghi per scoprire quale malattia lo sta divorando.
Mentre si sottopone a lastre ed a visite specialistiche, finisce per essere morbosamente attratto dalle forme sferiche e dai ventri rigonfi delle statue romane.
La moglie, intanto, intreccia una relazione amorosa con Casparian Speckler (Lambert Wilson) l’addetto all’organizzatore della mostra, un soggetto ambizioso e senza scrupoli che finisce per mettere le mani sull’evento.
Louisa comunica al marito che aspetta un figlio ma Kracklite peggiora; vomita, non mangia più carne ed è convinto che una protuberanza gli stia spuntando al fianco dell’ombelico.
Sempre più solo e disperato, si lancia nel vuoto il giorno dell’inaugurazione della mostra un attimo dopo che la moglie ha partorito.
Greenaway, regista irregolare e visionario, mette al centro della pellicola i deliri ipocondriaci del protagonista.
La morte è la vera protagonista delle pellicola ed il regista dissemina, ossessivamente, con dovizia di particolari, i riferimenti alle malattie che avevano colpito gli imperatori romani (Adriano affetto da una grave malattia dermatologica e morto per un ulcera perforata; l’imperatore Augusto deceduto dopo aver vomitato litri di bile) e ci ricorda che Etienne-Louis Boullée, affetto da gotta, era impossibilitato a muoversi dalla sua città perché terrorizzato dalla paura di morire in terra straniera.
Il regista con eleganza e raffinatezza filma il lento ed inarrestabile scivolamento nella follia del protagonista che, vittima del proprio delirio ipocondriaco e risucchiato in un vortice che lo porterà all’autodistruzione, finisce per trascurare la mostra, non si cura più della moglie e non reagisce nemmeno di fronte ai suoi palesi tradimenti.
Greenaway non deborda e la vicenda, mai eccedente, è velata da una disperata malinconia.
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