Viola (Alba Rorwacher) trascorre le giornate chiusa in camera, divorando libri e mangiando solo caffè e biscotti. Dopo aver consultato diversi psichiatri, Edoardo (Luigi Diberti) e Alice (Maddalena Crippa), i suoi genitori, interpellano Francois (Ivan Franek) un giovane e noto psichiatra, cugino di Alice e lo accolgono nella loro lussuosa casa di campagna. Lo psichiatra raccoglie qualche elemento e conclude: “Dalla documentazione che mi avete mandato i sintomi sono quelli dell’anoressia ma è la patologia su cui intervenire è la depressione.” Francois prova ad aprire un varco nella mente di Viola che, dapprima recalcitra e si chiude a riccio, poi man mano si scioglie ed inizia a raccontarsi. Alice, intanto, comincia a gironzolare sempre più seduttivamente intorno a Francois e gli confida la propria amarezza e delusione per un matrimonio fallimentare, giunto alla soglia dei venticinque anni. Edoardo, dal canto suo, cinico ed ambizioso, coltiva un sogno nel cassetto; essere eletto nelle liste del partito dove Chiara, l’amante di Francois, è un pezzo grosso. Come prevedibile, Viola s’innamora di Francois. Un finale tumultuoso chiude la vicenda.
Il regista mette in scena il classico scompaginamento di una ricca famiglia borghese in crisi ed utilizza un espediente narrativo super collaudato; l’ingresso in campo di un estraneo che, dopo aver fatto deflagrare conflitti, rabbia ed incomprensioni, provoca un radicale cambiamento nei loro rapporti.
La vicenda mostra Viola, una ragazza con delle palesi difficoltà emotive, che legge “Sepolta viva”, coltiva un autistico ritiro dal mondo e, nel corso del film, dichiara: “Ero riuscita a realizzare il mio sogno di bambina. Diventare sottile come un foglio di carta che il vento poteva portare via..”; Alice, infelice ed insoddisfatta, una donna che disprezza il marito e si è nutrita negli anni di fugaci scappatelle extra-coniugali; Edoardo, un fallito che dirigeva la clinica di proprietà del suocero ma, nel giro di qualche anno, era stato costretta a chiuderla per le denunce dei familiari dei pazienti che lo avevano accusato di praticare l’eutanasia. Per rendere più oscura la vicenda il regista inserisce, sin dalle prime battute, dei sinistri riferimenti all’attività clinica di Francois, colpevole non solo di praticare ESK nella clinica dove lavora ma, soprattutto, di andare a letto con le pazienti. Francois sembra un concentrato di retorica e di banalità ed in uno dei primi incontri con Viola le dice: “Sei tu che devi decidere di non essere più malata. Le medicine aiutano, ma non bastano. Anch’io ero malato poi ho incontrato una persona e anche grazie a lei sono guarito.”. Nel corso del film, fa dei continui riferimenti all’amore, a suo dire, l’unico elemento che può veramente essere trasformativo per ogni essere umano, e mostrando attenzioni ed interesse per Viola, finisce, inevitabilmente, per nutrire il suo bisogno di accadimento e di affetto. A rendere il clima più irrespirabile e soffocante, le squallide e velenose frecciatine che marito e moglie si lanciano tra loro.
Per un approfondimento sui rapporti tra cinema e psiche si rimanda la volume di Ignazio Senatore “Cinema (italiano) e psichiatria), Zephyro Edizioni.
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