Il ventiseienne Guido Schiavi (Massimo Girotti), pretore è trasferito da Palermo a Capodarso, piccolo centro in provincia di Caltanissetta, per sostituire il collega Pisani, fuggito da quel luogo a gambe elevate.
Non appena mette piede in Pretura, Schiavi si trova a fare i conti con la secolare omertà degli abitanti del luogo e scopre che ci sono pratiche inevase da mesi.
Pisani, infatti, non le aveva mai intentate, nel timore di andare contro gli interessi del barone Lo Vasto (Camillo Mastrocinque), latifondista e proprietario della miniera, gestita da Turi Passalacqua (Charles Vanel), malavitoso locale che, a colpi di lupara, tiene sotto smacco l’intera popolazione.
Solo contro tutti, Schiavi è aiutato unicamente da Grifo (Saro Urzì), il maresciallo comandante della locale stazione dei Carabinieri.
La miniera è chiusa e i minatori, senza lavoro, sono allo stremo. Schiavi scopre che otto mesi prima il tribunale aveva disposto un sopralluogo nella miniera e che, da allora, per ordine del barone, era stato tutto insabbiato.
Il pretore fa effettuare una perizia tecnica che dispone la riapertura della miniera. Ma la sua azione ha messo con le spalle al muro il barone che, dopo aver provato a corromperlo, assolda un sicario per eliminarlo.
Schiavi è ferito solo di striscio, ma stanco e deluso, accusato da un procuratore di Palermo di aver peccato di protagonismo e di aver alzato troppa polvere, decide di abbandonare il paese.
Intanto Ciccio Messane (Ignazio Balsamo) ha deciso di sposare la sedicenne Massimilla, fidanzata con Paolino. I due giovani si ribellano e si fanno trovare in intimità in una casa abbandonata.
Messane giura vendetta e uccide Paolino. Di fronte all’ennesimo omicidio, Schiavi suona le campane della chiesa e chiama a raccolta gli abitanti, accusandoli, con la loro omertà, di essere complici dell’assassino di Paolino.
Turi Passalacqua, invece, di uccidere Messane, rimarcando così la propria egemonia in paese, colpito dal discorso accorato del pretore, consegna l’omicida alla Legge. Schiavi allora, decide di non partire più.
Pietro Germi s’ispira al romanzo Piccola pretura di Giuseppe Guido Lo Schiavo, e si avvale, in sede di sceneggiatura della collaborazione di Fellini, Monicelli, Pinelli, Mangione e Bizzarri.
Il taglio è neorealistico e, sin dalle prime battute, Schiavi è descritto come un pretore integerrimo, che si mette subito al lavoro per imporre il rispetto della Legge in un paese dove impera l’omertà e la mafia la fa da padrona.
Per alleggerire la vicenda, il regista genovese inserisce la platonica love-story di Schiavi con la melanconica, ma affascinante, Teresa (Jone Salinas), moglie del barone.
Sarà lei a infiammare il cuore del giovane pretore e a convincerlo a fuggire con lei via dal paesino, ma la morte di Paolino risveglierà in Schiavi il senso di giustizia e lo fa ritornare sui suoi passi.
Fiacco il remake Un giudice di rispetto, diretto da Bruno Mattei (2000).
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