Gavin Banek (Ben Affleck) è l’avvocato di un prestigioso studio di Manhattan. Mentre si sta dirigendo in tribunale per discutere una causa importante, tampona l’auto di Doyle Gipson (Samuel L. Jackson).
Banek ha fretta, e, invece, di scambiare con lui i dati delle assicurazioni, lo lascia per strada e va via e, su una cartellina, gli lascia nome e numero di telefono.
Arrivato in ritardo in tribunale, scopre che, per sbaglio, aveva lasciato a Gipson una cartellina contenente un contratto importante che doveva presentare al giudice e che gli avrebbe permesso di vincere la causa.
Anche Gipson raggiunge in ritardo il tribunale per discutere la custodia dei figli e il giudice, indispettito, li affida alla moglie.
Deluso e frastornato, Gipson pensa di vendicarsi di Banek e, quando riceve la sua telefonata, gli comunica che ha perso la cartellina.
In un gioco senza esclusione di colpi, Banek, intuisce che Gipson ha mentito, e contatta un hacker che blocca il suo conto corrente che, per risposta, gli svita i bulloni della ruota dell’auto e lo fa impattare contro un guardrail.
Per tutta risposta, Banek si reca alla polizia e lo fa arrestare, dichiarando che è un uomo meschino e, mentendo, dichiara alla polizia che era al corrente che avrebbe rapito i figli e li avrebbe condotto con sé in un altro Stato.
Banek intuisce che dietro il contratto da consegnare al giudice, che lui stesso ha fatto firmare ad un anziano incapace di intendere e di volere, c’è ben altro e che dietro questa truffa c’era lo zampino di Stephen Delano (Sydney Pollack), il suocero, senior dello studio, avvocato cinico e senza scrupoli.
Nell’happy end, la moglie di Gipson non si trasferisce in un altro Stato e lascia che i figli, in affidamento congiunto, possano, di tanto in tanto, andare a vivere con il padre che, per loro, ha comprato un piccolo appartamento; Banek, a muso duro, affronta il suocero e l’informa che svela la truffa ai malcapitati e deve restituire la somma a loro sottratta.
In questo thriller metropolitano, il regista Roger Michell, scolasticamente, descrive Gipson, come un assicuratore, con un passato da alcolizzato, un povero diavolo divorziato, che cerca in tutti i modi di riconquistare la fiducia della moglie e rimanere al fianco dei figli.
Banek, invece, è un avvocato rampante e spregiudicato che non si fa scrupoli di far firmare il contratto ad un vecchietto indementito.
Confrontandosi, poi, con una collega di studio, si rende conto dell’azione ignobile che ha compiuto e cerca di riparare al torto e incastrare i potenti avvocati che lo hanno assunto nel loro studio.
Il suo pentimento finale, infine, è così di facciata che s’intuisce che prima o poi finirà per essere nuovamente inghiottito nel vortice della corruzione che impera nello studio con cui collabora.
In questo pasticcio, fin troppo ricco di colpi di scena, banale e privo di appeal, il regista mette a dura prova la pazienza dello spettatore, costretto a sorbirsi le infantili e inverosimili ripicche dei due immaturi protagonisti.
In verità, a ben vedere, per tutta la durata del film il comportamento di Banek, è a dir poco ambiguo e le azioni che compie contro Gipson sono così poco credibili che la pellicola risulta nel complesso indigesta e al limite del ridicolo.
Il pentimento finale di Banek, infine, è così di facciata che s’intuisce che prima o poi finirà per essere nuovamente inghiottito nel vortice della corruzione che impera nello studio nel quale collabora.
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