Roma, inizio Novecento. Vittoria (Valeria Bruni Tedeschi), una signora della borghesia romana, è sposata con Ennio Mori (Fabrizio Bentivoglio), affermato psichiatra.
La donna dà alla luce un bambino che non si attacca al seno. Il marito assume Annette (Maya Sansa), una giovane balia analfabeta, fidanzata di un rivoltoso finito in carcere, che si prende cura del neonato.
Vittoria, emotivamente paralizzata, non riesce a prendere in braccio il neonato; Annette, al contrario, è una ragazza solare, piena di vita e dal seno perennemente traboccante di latte. Incapace di stabilire un contatto affettivo con il figlio, sempre più cupa ed ombrosa, Vittoria si sente minacciata dalla presenza della balia e confida al marito il timore che Annette le possa portare via il bambino.
Vittoria è gentile con Annette, le regala un paio d’orecchini, le chiede di accompagnarla a fare una passeggiata, ma dietro questo atteggiamento formale, traspare il suo bisogno di osservare e scrutare chi è riuscita a stabilire un rapporto intimo ed empatico con il suo bambino.
Con il passare del tempo, Vittoria è così invasa dai sentimenti d’inutilità e di vuoto e al marito dice: “Devi mandarla via! Questa donna mi sta portando via tutto!“.
Ennio non accede ai suoi desideri e Vittoria, delusa e sconfitta, va via di casa e si ritira in una villa di campagna di loro proprietà.
Sul finale riuscirà, a prendere “svogliatamente” in braccio il neonato, che continuerà a vivere in casa con il padre e la balia.
Bellocchio (I pugni in tasca, La Cina è vicina, Marcia trionfale, Salto nel vuoto, La visione del Sabba, Il regista di matrimoni, Vincere, Bella addormentata, Fai bei sogni, Il traditore…) declina un tema squisitamente femminile (la maternità e l’allattamento) e regala il ritratto di una donna intensa e tormentata.
Rispetto alla novella scritta da Luigi Pirandello nel 1903, il regista inserisce alcune novità: il professor Mori è uno psichiatra e non è un avvocato, deputato socialista. Annette, inoltre, non si prostituisce, né, una volta incinta, perde il proprio bambino.
La scrittura è densa e asciutta e gli ambivalenti e conflittuali movimenti emotivi di Vittoria nei confronti del bambino sono filmati con sontuosa eleganza.
Al di là della vicenda, il film è da leggere su più piani; metafora di chi non è in grado di rinegoziare le proprie emozioni di fronte all’arrivo del nuovo (il neonato) e sulle passioni controllate (di Ennio e Vittoria) e sui loro analfabetismi affettivi.
Il professor Mori è disegnato come un illuminato e distaccato medico positivista, incapace di comprendere la sofferenza della moglie, né di aiutarla a avvicinarsi al bambino.
Gli eventi insurrezionali fanno da sfondo alla vicenda della protagonista e mandano in crisi un giovane assistente del professor Mori.
Valeria Bruni Tedeschi dà vita a un personaggio, controllato nella prima parte e nervoso e inquieto nella seconda. Su tutte, evocative e poetiche due scene: Vittoria entra di notte nella stanza del bambino e l’osserva, in silenzio, per ore.
Successivamente, chiede ad Annette il permesso di poterla guardare mentre allatta il figlio. Nel cast Michele Placido nel ruolo di un folle.
Per i rimandi filmografici, le schede film ed un esaustivo approfondimento sul tema si rimanda al volume “Fermi tutti sono incinta. Cinema e gravidanza.” di Ignazio Senatore- Falsopiano Editore.
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