La conversazione (The conversation) di Francis Ford Coppola– USA – 1974 – Durata 113’

26 Maggio 2020 | Di Ignazio Senatore
La conversazione (The conversation) di Francis Ford Coppola– USA – 1974 – Durata 113’
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Harry Caul (Gene Hackman) grande esperto nelle intercettazioni ambientali ha un’anemica relazione con Ann (Cindy Williams). Fedele al principio di non farsi mai domande sui soggetti che spia, esegue il compito richiesto, senza il minimo coinvolgimento emotivo. Un uomo d’affari sospetta il tradimento della moglie e gli chiede di scoprire la verità. La donna s’incontra con un uomo sempre all’aperto e le intercettazioni sono zeppe d’interferenze. Dopo aver risentito mille volte le intercettazioni, Caul riesce a captare una frase,  intuisce che i due sono in pericolo e,  per evitare che vengano uccisi, non consegna i nastri al committente. Lo scottante materiale gli viene trafugato e Caul prova a mettere in salvo i due amanti ma scopre di essere vittima del gioco diabolico ordito dalla moglie dell’uomo d’affari che fa uccidere il marito. Convinto di essere spiato e controllato, Caul impazzisce e rivolta come un calzino il proprio appartamento alla vana ricerca di cimici e  telecamere

Piccolo capolavoro che descrive, con grande maestria, come un soggetto possa venire risucchiato nel gorgo di un delirio persecutorio. Sin dalle prime battute si intuisce che Caul è un uomo sospettoso, molto riservato e che non ama affatto parlare di sé. Ann (Cindy Williams) la sua compagna, ha intuito che qualcosa non va in lui e, candidamente, gli confessa: “Dei segreti ce li hai. Una volta sei stato in cima alle scale, nascosto. Sei strano. Uno certe cose le capisce. Hai un modo così strano di aprire la porta. Infili la chiave nella porta senza fare rumore e poi spalanchi la porta all’improvviso come ti aspettassi di sorprendermi. Come se pensassi che facessi chissà che. Certe volte giurerei che mi spii anche quando sono al telefono. Non lo so,  una sensazione dico davvero.”  

Caul non batte ciglio e quando lei gli chiede di parlarle del suo lavoro e della sua vita privata, taglia corto e le dice: “Non mi piace che mi fai tante domande e non ho voglia di rispondere a nessuna altra domanda”. Già nelle prime sequenze il regista ci mostra la filosofia di vita a cui si ispira il protagonista; uno dei suoi aiutanti s’interroga su chi possa mai essere la coppia che stanno intercettando ma Caul liquida il discorso con un secco: “Chi sono? Me ne frego. Io voglio solo una bella registrazione chiara. Io devo intercettare, non capire i problemi provati dei miei clienti.” Il crescendo paranoico del protagonista è ben costruito e come preludio all’indimenticabile finale Coppola ci regala alcune sequenze ambientate in un incredibile Salone dove gli espositori vendono le loro sofisticate apparecchiature (una piccola telecamera inserita in un orologio da polso, microscopiche cimici elettroniche  ed invisibili registratori collegati alle linee telefoniche) da utilizzare per intercettare, spiare e controllare gli ipotetici clienti. Ed è proprio questo rimando ossessivo al controllo, all’essere spiati e pedinati, presente in tutto il film, che amplifica i nuclei persecutori del protagonista. Non mancano le scene dal grande impatto visivo (del sangue che sgorga dalla tazza del water) ed un sogno/incubo dove Caul, avvolto in una fitta nebbia, alla ragazza intercettata, confessa: “Sono stato molto malato da bambino. Ho avuto una paralisi al braccio sinistro ed alla gamba sinistra e non ho potuto camminare per sei mesi. Un medico disse che forse che non avrei camminato mai più. Non ho paura della morte ma ho paura dei morti.” Palma d’oro al Festival di Cannes del 1974.

 

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