Casa De Alienados. Una serie di pazienti affetti da patologie psichiatriche è ricoverata in una clinica per alienati. Il film si apre con due pazienti che credono di essere Adamo ed Eva e di trovarsi nel Paradiso Terrestre. C’è anche chi immagina di essere Gesù (Paulo Matos) e a tavola spezza il pane e versa il vino; chi Lazzaro; chi Sonya (Maria De Medeiros) e Raskol’nikov (Miguel Guilherme) di Delitto e castigo.
Il grande regista De Oliveira non ironizza sulle patologie che affliggono i ricoverati, ma dà voce al tragico destino dell’uomo. La clinica non è il classico, asettico luogo di cura ma una vecchia villa augusta, arredata con stile ed eleganza. I pazienti, dotati di una grande capacità dialettica, discettano tranquillamente sulla religione, sul destino degli uomini, sulla felicità, sulla morale. Pellicola pervasa da un assoluto rigore formale, da dialoghi fiume, ricchi e corposi, l’ideale per tenere la materia grigia in allenamento. Come il cinema di De Oliveira impone, la macchina da presa è fissa sul volto degli attori impegnati nei dialoghi e nessuna immagine rimane impressa nel cuore. Da segnalare la scena di un paziente che con un’accetta uccide una ricoverata; niente paura, era solo un suo sogno.
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