La pianista (Le pianiste) di Michael Haneke – Austria – 2001 – Durata 130’ – V.M 14

4 Febbraio 2022 | Di Ignazio Senatore

Erika Kohut (Isabelle Huppert), è un’algida insegnante di piano. La sua vita scorre regolarmente tra le lezioni al Conservatorio e la casa nel centro di Vienna dove vive con l’anziana e dispotica madre (Annie Girardot). Per spezzare la monotonia della giornata, Erika si auto-mutila in bagno con una lametta,  frequenta un “peep show”, dove annusa i fazzolettini di carta imbrattati dello sperma degli avventori, e spia nei parcheggi e nei drive-in le coppiette che fanno l’amore. Walter Klemmer (Benoît Magimel), un giovane allievo del conservatorio, s’innamora perdutamente di lei e le fa una corte serrata.  Dopo aver cercato, invano, di mettere ordine tra le proprie scomposte emozioni, Erika cede alle sue lusinghe e, liberati i propri freni inibitori, mentre fa l’amore con lui gli chiede di umiliarla e picchiarla. Disgustato e deluso dal suo atteggiamento, Walter si blocca e non accede ai suoi desideri ma decide di starle egualmente accanto, certo di poter vivere con lei una travolgente storia d’amore. Ma l’atteggiamento di Erika non muta e Walter, una volta compresa che la  mente della sua amata è corrosa dal demone della perdizione,  l’abbandona. Erika non regge il colpo e il giorno della sua esibizione al Conservatorio, si pianta un coltello in pieno petto.

Intenso melodramma, bagnato di tragica e disperata poesia. Con una purezza stilistica esemplare Haneke descrive, impietosamente, la discesa negli inferi della protagonista, maestra severa ed inflessibile al Conservatorio, frustrata per non aver sfondato come pianista, e dissoluta e dissipata nella vita privata. Walter le esplode dentro e nella speranza di nutrire le proprie malsane fantasie erotiche, lo perde. Erika è descritta come una creatura assolutamente tragica e, nonostante metta in atto dei comportamenti esteticamente poco edificanti, lo spettatore è spinto a schierarsi al suo fianco e a aderire, idealmente, alla sua disperata sofferenza. Le sue spinte voyeuristiche  o le sue richieste di essere picchiata dal suo giovane amante non sono il frutto delle perverse fantasie di una donna disinibita e spregiudicata, né le trasgressioni di una creatura del Male che vu,ole travalicare le frontiere del proibito ma solo il prodotto di una mente malata, incapace di accogliere dentro di sé la purezza e la spontaneità che le offre il giovane Walter. La madre di Erika è una delle mamme più disturbate della storia del cinema; arida ed egoista, non disdegna di frugarle nella borsetta, di gettarle via dei vestiti che ritiene troppo spregiudicati e di imporle di ritornare subito a casa dopo le sue lezioni al Conservatorio. Impedibile la scena finale e quella che mostra la crudele  protagonista che, con un malvagio espediente, impedisce ad una sua allieva poco ispirata, di partecipare ad un saggio di pianoforte. Vincitore del Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes del 2001, migliore interpretazione femminile (Isabelle Huppert) e maschile (Benoit Magimel) Tratto dal (noiosissimo, prolisso ed omonimo) romanzo di Elfriede Jelinek.

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