La samaritana (Samaria) di Kim Ki Duk– Corea del Sud – 2004- Durata 95’

27 Aprile 2020 | Di Ignazio Senatore
La samaritana (Samaria) di Kim Ki Duk– Corea del Sud – 2004- Durata  95’
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Yeo-Jin (Kwak Ji Min) e la sua giovane amante Jae Young (Seo Ming Jung) ancora minorenni sognano di andare insieme in Europa; la prima si prostituisce e la seconda le organizza i contatti con i clienti. Yeo Jin s’innamora di un uomo ma Jae-Young le fa una scenata di gelosia e le impone di non vederlo più. C’è una retata della polizia e Yeo- Jin, per sfuggire alla cattura, si lancia dalla finestra del motel ed entra in coma. Jae Young è profondamente addolorata e, credendo di renderla felice contatta l’uomo che aveva espugnato il cuore della sua amata; lui non vuole  seguirla in ospedale e come condizione le pone, in cambio, di fare l’amore con lei. Jae-Young accetta e quando i due giungono in ospedale, Yeo- Jin è già morta. Rosa dai sensi di colpa, Jae Young decide di contattare i clienti, di fare l’amore con loro e di restituire i soldi che avevano in precedenza pagato per le prestazioni sessuali fornite un tempo da Yeo-Jin. Il padre poliziotto di Jae Young, dopo aver pedinato la figlia, scopre la verità e piuttosto che chiederle spiegazioni picchia i clienti che vanno a letto con lei e, come impazzito, ne ammazza uno di botte. Divorato dalla rabbia e dal rancore, decide di uccidere la figlia a cui propone di partire per un viaggio con lui ma il contatto con la natura incontaminata restituirà ad entrambi un pizzico di serenità.

Il film, ambientato a Seul, si articola in tre capitoli diversissimi tra loro che segnano le tappe di formazione della giovanissima protagonista; Vasumitra, dal nome di una mistica prostituta indiana; Samaria, l’ingresso nella città del peccato e Sonata, il recupero dell’armonia universale. Il punto di svolta della vicenda è la conversione venata di un misticismo laico della giovane protagonista che, dopo la tragica morte di Jeo Jim, decide di dispensare felicità ai clienti che erano andati a letto con l’amata facendosi chiamare Vasumitra come una prostituta dell’antichità che dava acqua agli assetati e, dopo aver fatto l’amore con i clienti, li spingeva a diventare buddisti. Come ricorda il titolo del film, la tenera Jae Young va a letto con gli ex clienti dell’amata, non per assaporare un piacere personale o perché vittima di irrefrenabili spinte erotomaniche ma solo per regalare loro gioia e felicità. Con sguardo pudico, il regista sfronda la vicenda da qualsiasi elemento erotico o pruriginoso e, per sottolineare ancora di più il candore della protagonista, la mostra mentre dorme nella sua stanzetta abbracciata ad un pelouche.

Kim Ki Duk gioca tutto sugli opposti ed alla dolce Jae Young contrappone il padre poliziotto, una sorta di angelo sterminatore che punisce gli uomini che sono andati a letto con la figlia. In questo film dolente e per certi aspetti disperato, il regista s’affida a dei dialoghi rarefatti e regala alla pellicola quel tocco  sospeso che fa gridare al capolavoro. Orso d’oro per la migliore regia al 54 Festival del Cinema di Berlino.

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