Baltimore. Anni 30. La piccola Eleonora Fagan cresce in un bordello e deve tenere a bada le insistenti richieste dei frequentatori che la molestano di continuo. Dopo essere stata violentata da un cliente, si trasferisce a New York, dove raggiunge la madre Sadie (Virginia Capers), che lavora come cameriera presso una ricca signora che l’indirizza da Miss Loraine, tenutaria di un bordello, che l’ospita gratuitamente, in cambio delle pulizie della camere.
Eleonora, stufa delle malsane attenzioni degli ospiti, si presenta in un locale e chiede all’impresario di assumerla come cantante. Grazie ai buoni uffici del pianista (Richard Pryor), Jerry (Sid Melton), il proprietario del locale, s’intenerisce, l’assume e lei, da quel momento in poi, si esibisce con il nome di Billie Holiday. Luois McKay (Billy Dee Williams) s’innamora di lei e Harry (Paul Hampton) e Reg (James Callahan), che con la loro band girano in lungo ed in largo per gli States, le offrono di cantare con loro. Le tappe sono faticose, Billie è sempre più stanca e sfinita ed allora accetta il suggerimento di Harry di “tenersi su” con la morfina.
Il successo la travolge ma, divenuta dipendente dalla sostanza, non riesce a star lontano da aghi e siringhe. Louis prova, invano, a tirarla fuori dall’infermo e, solo dopo un lungo calvario, lei decide di ricoverarsi in una clinica per disintossicarsi. Un importante agente le propone di cantare al Carnegey Hall, prestigioso tempio della lirica. Billie tocca il cielo con un dito ma…
Il regista (La bara del dottor sangue, Ipcress, Lo spavaldo…) apre il film con la cantante reclusa in carcere ed, in preda ad una crisi d’agitazione, costretta in cella con una camicia di forza. Un flashback ci riporta a quando lei, quindicenne, prova ad eludere le attenzioni degli avventori del bordello.
Una vita in salita, quella della più famosa cantante blues americana, funestata da miseria, traumi e delusioni. Più che ai successi che hanno coronato la carriera della cantante, morta a 49 anni, il regista, che s’ispira al romanzo autobiografico di Billie Holiday e William Dufty, punta a comporre un impietoso e doloroso ritratto di un’artista infelice, divorata dalle droghe e dall’alcol.
Gli struggenti brani che l’hanno reso famosa tappezzano la narrazione e nel film, apprezzabile per la ricostruzione di un’epoca, fa il suo esordio al cinema Richard Pryor come pianista. Diana Ross, alla sua prima esperienza cinematografica, si cala perfettamente nella parte.
Per un approfondimento sul tema si rimanda al volume di Ignazio Senatore “Cantanti, musicisti e rock band”, edito da Arcana
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