Cahit (Birol Ünel) è un uomo che vaga ubriaco nei bar, nella speranza di stordire il dolore per la morte della giovane moglie. Sibel (Sibel Kekilli) è una ragazza asfissiata dalla sua famiglia d’origine e alla ricerca disperata della libertà. I due si ritrovano per caso in un ospedale psichiatrico, dopo aver tentato di farla finita (lui sbattendo con l’auto ad alta velocità contro un muro, lei con le lamette). E quando la ragazza scopre che è turco come lei, per fuggire da quel luogo d’inferno e dalle grinfie della sua opprimente famiglia, gli propone un matrimonio di facciata dove entrambi possono vivere in piena libertà e senza obbligo verso l’altro. Cahit dapprima rifiuta, poi accetta. Sibel frequenta discoteche e rimorchia maschietti mentre lui continua, imperterrito, a scolare una birra dietro l’altra. Ma la gelosia entra in punta di piedi nella sua mente e la tragedia è dietro l’angolo. Cahit finirà in carcere dopo aver spaccato la testa a un suo amico impiccione. Sibel si trasferisce a Istanbul e mette su famiglia e quando uscirà di galera Cahit scoprirà di non poter più vivere senza di lei. Sangue, sesso, passione e lacrime. C’è tutto in questo film che ti incolla alla poltrona e ti toglie il respiro; carni squarciate, protagonisti che ballano persi e ubriachi, amori dannati e carnali. Diretto dal giovane regista tedesco di origine turca, il film è teso, intenso e sofferto, inondato da momenti di rara poesia. Cahit e Sibel, due “loser”, dispersi e disperati, incapaci di controllare i propri impulsi auto- ed eterodistruttivi, di mediare la propria istintualità e di vivere un tranquillo matrimonio borghese, ti entrano, come una spada, diritto nel cuore.
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