La terra di Sergio Rubini – Italia – 2006 – Durata 112’

30 Gennaio 2020 | Di Ignazio Senatore
La terra di Sergio Rubini – Italia – 2006 – Durata 112’
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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L’incauto e dissennato Michele Di Santo (Emilio Solfrizzi), titolare di un mobilificio ed in corsa per una poltrona alle prossime elezioni provinciali, è pieno di debiti. Per rimettersi in sesto finanziariamente vuole vendere la masseria e la terra che il padre ha lasciato a lui ed agli altri fratelli; Luigi (Fabrizio Bentivoglio), professore di filosofia, da anni trasferitosi a Milano e Mario (Paolo Briguglia), uno studente dal cuore d’oro impegnato attivamente nel volontariato. Aldo (Massimo Venturiello), il fratellastro, rissoso e donnaiolo, che vive nella masseria, da sempre in conflitto con Michele, si oppone però in maniera decisa alla vendita. Luigi, che era tornato in Puglia con l’idea di sbrigare in poche ore una mera faccenda burocratica, si ritrova ad assistere, impotente, alle furibonde liti tra Aldo e Michele ed alle feroci accuse che si scambiano ogni volta che s’incrociano. Dopo aver provato, invano, a dissipare odi e rancori, stanco e sconsolato, ha in animo di ripartire l’indomani per Milano ma la sera stessa, nel corso della processione del Venerdì Santo che ogni anno si svolge in paese, è misteriosamente assassinato Tonino (Sergio Rubini), un cinico ed ignobile strozzino che gironzola da tempo intorno a Tania (Alisa Bistrova) la donna di Aldo ed a cui Michele deve un mucchio di soldi. Dopo aver scartata l’ipotesi che i due fratelli possano essere coinvolti nel delitto, sul finale, Luigi dipana l’intricata matassa e, con una mossa astuta, dopo aver incastrato la vedova di Tonino e barattato “la terra “ e la masseria, in cambio del suo omertoso silenzio, riesce a mettere al riparo i fratelli ed a garantire loro un futuro tranquillo.

Febbricitante capolavoro firmato da un regista altalenante che trova però linfa ed energia ogni qual volta ambienta le sue storie nella natia Puglia. Rubini mescola Dostoevskij e la tragedia greca, impagina un appassionante e sanguigno dramma epico, intinto nel giallo, che ruota intorno al verghiano concetto di “terra”, inteso sia come bene di possesso che fonda l’identità di chi la possiede che come matrice delle radici familiari. La vicenda ruota intorno al complesso personaggio di Luigi, brillante studente da ragazzo, rifugiatosi a Milano dopo essersi ribellato alle angherie del padre-padrone che tradiva e picchiava la moglie. Rispettato da tutti e dotato di un innegabile carisma, non appena ritorna nel luogo d’origine, si ritrova a fare i conti con tracce del passato dimenticato, fino a riscoprire un legame con il proprio nucleo familiare che non avrebbe mai immaginato così saldo e profondo. Dopo aver provato a mettere distanza tra sé e quello che gli accade intorno, ammaliato “dall’odore” della terra che gli sta intorno, dal fascino di quei luoghi che l’hanno visto bambino, dall’incontro con facce seppellite nell’oblio, Luigi percepisce che qualcosa sta accadendo dentro di lui. E quando Laura (Claudia Gerini), la sua donna, piombata da Milano per riportarlo via, vedendolo completamente trasformato, gli chiede cosa gli stia succedendo, a bassa voce e quasi confusamente, le risponde: “E’ la mia famiglia. Non lo so, mi sono perso.” Sul finale, Luigi si riappropria del ruolo di fratello maggiore e, spinto dal senso di dovere e di protezione, caverà i fratelli dagli impicci. A far da sfondo alla sincopata vicenda, un paesaggio mozzafiato con dei cieli tersi, delle immense distese di uliveti, un mare cristallino e dei palazzi  impreziositi dallo stile barocco lecccese. A far da cornice a dei convincenti Bentivoglio ed un Rubini quasi irriconoscibile per il trucco, Gerini incerta e sfuocata.

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