In questo film s’intrecciano diverse storie.
Tra queste lo strano rapporto tra Irene (Luisa Pasello) ed il marito, l’avvocato Andreoli (Renato Carpentieri). Allo psicoanalista (Massimo De Francovich) lei racconta, con fredda e lucida determinazione, che per uccidere il marito, ha messo delle schegge di vetro nel cibo e del topicida nel collirio.
Lo psicoanalista non dà peso alle comunicazioni della donna e le liquida come delle malsane ed innocue fantasie.
Nel corso degli incontri successivi Irene, dopo aver mostrato all’analista dei lividi, frutto a suo dire dei maltrattamenti subiti all’interno delle mura domestiche, gli racconta che, pur sapendo che un piccolo elettrodomestico casalingo era difettoso, non aveva impedito al marito di usarlo; quando lui, con la mano insanguinata, le aveva chiesto aiuto, invece di soccorrerlo o di chiamare il pronto soccorso, senza pensarci due volte, lo aveva abbandonato al suo destino.
L’analista, preoccupato, convoca Andreoli che si presenta allo studio con una vistosa fasciatura alla mano, medicata, a suo dire, per un piccolo incidente avvenuto nel suo ufficio.
Il giorno successivo Andreoli va dal dottore e gli comunica che la sera precedente la moglie si era avvelenata nella vasca da bagno e che lui, avendo chiamato l’autoambulanza il giorno dopo, era stato accusato di omicidio colposo e di omissione di soccorso. Alla sua richiesta di testimoniare in suo favore e di raccontare ai giudici quello che sa sulla moglie, lo psicoanalista gli risponde che non è disponibile ad aiutarlo, perché non sa se credergli o meno.
Pellicola a doppia velocità; intrigante, coinvolgente ed appassionante (quando entrano in campo l’analista e la coppia di coniugi) e leziosa, pallida ed incolore (quando narra del talk-show televisivo “La vita altrui” e degli intrighi che vedono coinvolti un professore universitario, il padre della conduttrice del programma e la figlia dell’avvocato, squilla di lusso).
Sordillo ha il merito di mettere in campo una delle coppie più perverse del cinema italiano ed è bravo nell’evocare, con pochi tratti, il profondo disagio dello psicoanalista che non riesce a comprendere la reale sofferenza della paziente.
Per un approfondimento sui rapporti tra cinema e psiche si rimanda la volume di Ignazio Senatore “Cinema (italiano) e psichiatria), Zephyro Edizioni.
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