Sally (Asha Menina), una bambina di sei anni, é chiusa in un assoluto mutismo. Un anno prima il padre, un famoso archeologo, era precipitato nel vuoto mentre era impegnato in un restauro di un’antichissima rovina Maya.
Una mattina, mentre è a scuola, Sally si arrampica in cima ad un albero; gli insegnanti, preoccupati, suggeriscono a Ruth (Kathleen Turner), la madre di consultare uno psichiatra, ma lei si rifiuta di affidarla ad uno strizzacervelli.
Qualche giorno dopo Sally sale sul tetto di casa per recuperare una pallina da baseball e la madre riesce a metterla in salvo solo grazie ai suggerimenti del rigido e ampolloso dottor Jacob. T. Birlander (Tommy Lee Jones), uno psichiatra accorso sul posto.
Ruth cerca nuovamente di ridimensionare l’accaduto ma, su ordine del giudice della contea, è costretta ad affidare la piccola alle cure al dottor Birlander.
Dopo averla osservata nel proprio Centro, dove sono ricoverati altri bambini autistici, Birlander comunica alla madre che la piccola è autistica ed avanza l’ipotesi che abbia un danno cerebrale.
Ruth, dopo avergli ricordato che Sally, prima della morte del padre, parlava tre lingue, lo accusa di non essere in grado di comprendere cosa si nasconde dietro il silenzio della figlia. Un giorno Ruth scopre per caso che la figlia ha eretto, con delle carte da gioco, una gigantesca torre a forma elicoidale (il riferimento presente nel titolo originale House of Cards).
Mai doma, fotografa questa costruzione, la riporta sul computer e, grazie a degli speciali visori, riesce a visualizzare ogni frammento della torre e scopre che la struttura termina con una carta che raffigura la luna.
Si reca da Birlander e cerca di convincerlo che, con quella costruzione, Sally sta cercando di comunicare loro qualcosa, ma lui, con supponenza, la liquida e le dice: “Lavoro con loro da vent’anni e ogni mattina mi alzo con la speranza che anche uno di loro riesca a fare una cosa stupida e banale come allacciarsi le scarpe o gettare le braccia al collo di sua madre. Mi dica, qual è stata l’ultima volta che sua figlia l’ha abbracciata? In questo posto non andiamo a caccia di miracoli. Qui è un lusso la normalità.”
Ruth, sfruttando le sue doti professionali (è un ingegnere) costruisce con dei pannelli di legno la struttura elicoidale ideata dalla figlia. Nell’happy end Sally, ripercorrendola, “riabbraccerà” in fantasia il papà e “ guarirà”.
Il regista, all’esordio, (e al suo unico film) impagina una favoletta dai contorni magici e miracolistici che termina con un’inverosimile guarigione catartica della bambina, che avrebbe assunto dei comportamenti autistici a seguito del trauma per la morte del padre.
Lessac mescola bene le carte e mostra Sally, mutacica, con lo sguardo perennemente fisso nel vuoto e chiusa a riccio nel proprio mondo emotivo. Ogni qual volta però nota una cosa fuori posto (un berretto messo al contrario, una bambola messa di traverso) inizia a gridare ininterrottamente, come un’ossessa, fino a che non venga ristabilito l’ordine preesistente.
Più che la smarrita e mutacica Sally, il regista mette in primo piano la madre, una donna mai doma che, con tenacia, si batte per sconfiggere i fantasmi che attanagliano la mente della figlia.
Il dottor Birlander, nella parte dello psichiatra emotivamente distante dai piccoli pazienti che ha in cura, che tenta inutilmente di cercare un varco nella mente di Sally, funge da perfetto contro-altare alla generosità ed al calore d Ruth.
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