Ladybird Ladybird di Ken Loach – GB – 1994 – Durata 102’

21 Dicembre 2014 | Di Ignazio Senatore

Maggie (Crissy Rock), proletaria londinese, nella sua vita ha incontrato soltanto uomini che, dopo averla gonfiata di botte, l’hanno messa incinta e abbandonata al proprio destino.

Nonostante le difficoltà, lei si é sempre presa cura dei suoi quattro figli, nati tutti da relazioni diverse. Una sera va in un pub con gli amici; a casa sua scoppia un incendio e i suoi bambini, lasciati da soli, si salvano per miracolo.

Dopo questo incidente il Servizio Sociale, ritenendola incapace di accudirli, le sottrae i figli. Maggie, poco attrezzata culturalmente, prova a riprenderseli, ma ogni tentativo è vano.

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S’innamora di Jorge (Vladimir Vega), esule politico del Paraguay, e mette al mondo due figli che le vengono egualmente sottratti dai servizi sociali.

Neanche questa rinnovata e sordida violenza istituzionale, perpetuata ai suoi danni la fermerà e Maggie, dopo aver messo al mondo altri tre bambini, riuscirà finalmente a costituire con Jorge quel nucleo familiare così ardentemente desiderato

Mostrando grandi doti di equilibrio e rigore formale, Loach ci regala la vicenda di Maggie, una proletaria che non è in grado di razionalizzare il proprio dolore, né di comprendere la complessità e le storture della macchina burocratica. Invano, prova a cacciare gli artigli, ma la sua rivolta istintiva ed emotiva non può nulla contro la cieca e disumana violenza istituzionale.

Gli insensibili ed ottusi assistenti sociali, ad uno ad uno, senza troppi scrupoli, le sottraggono l’affetto dei suoi bambini e leggono i suoi comportamenti ribelli come manifestazioni evidenti della sua instabilità emotiva e della sua incapacità di accudirli.

Loach carica un po’ troppo il dolore della protagonista che, di fronte alle violenze subite per tutto il film, urla, piange e si dispera e, invece, di promuoversi come un’adulta consapevole e responsabile, appare incapace di scegliere la via della mediazione e dei compromessi.

La scrittura filmica è asciutta ed essenziale e con la sua macchina da presa Loach pedina il volto della protagonista e alleggerisce la vicenda con battute caustiche e divertenti. Sullo sfondo l’Inghilterra proletaria e senza lavoro alle prese con i mille problemi legati alla multietnicità. Il titolo rimanda ad una filastrocca popolare.

Premio a Crissy Rock come migliore attrice al Festival di Berlino 1994. Nastro d’argento1994 a Ken Loach come miglior regista europeo.

 

 

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