Il barone siciliano Mimì Galluzzo (Pino Caruso) è sposato con Rosalba (Paola Quattrini), ma i due non riescono ad avere un erede.
Il suocero, Don Totò, un arrogante mafioso, è ucciso a colpi di lupara e, quando Mimì si reca dal notaio per essere edotto del testamento, questi gli suggerisce che, per non mettere a repentaglio la sua vita, deve consegnargli un documento scottante che riguarda dei possibili appalti, in odore di mafia, in possesso del suocero.
Mimì mette, invano a soqquadro l’appartamento ma dei documenti scottanti nessuna traccia. Durante il funerale del papà, Rosalba ha una crisi isterica, accusa il marito di non averle dato un figlio e, sempre più con la mente in disordine, ruba poi una bambina in un Luna Park.
Giudicata, folle, non può firmare il testamento, che resta congelato. Mimì, intanto, se la spassa con Eva (Karin Schubert), una spogliarellista tedesca, e con la vedova Maria Camerò (Andréa Ferréol), che possiede il compromettente documento ed è disposta a cederlo, se lui la sposa.
Rosalba, ricoverata in una clinica per malattie nervose, tenta due volte il suicidio e, giudicata inguaribile, passa le giornate, cullando il simulacro di un neonato.
Su suggerimento di Maria, Mimì contatta Pasquale Mosco (Tano Cimarosa), un infermiere della clinica e, con la complicità del barone Tuccio Langatta (Leopoldo Trieste), impresario di pompe funebri, i tre conducono Rosalba in un bosco con l’intento di eliminarla.
Ma un bruto, sbuca all’improvviso da un arbusto prova a violentarla e Mimì è costretto a ucciderlo. Colto dal panico, nasconde poi Rosalba a casa sua. Dell’omicidio e della misteriosa scomparsa della donna, se ne occupa il commissario Tafuso (Vittorio Caprioli), ma i cadaveri diventano troppi; dapprima la sensuale Maria, poi l’infermiere Langatta e, infine, una spogliarellista tedesca, (Erika Blanc), amica di Eva.
Sul finale, il commissario svela la dinamica e i mandanti degli omicidi. Rosalba, rinsavita, attende un figlio dal barone Langatta e, a perdere la ragione è Mimì. ormai regredito ad uno stadio infantile.
Ignazio Dolci (Angel Hill, Volli di cuoio…), all’esordio, dirige una commedia grottesca, una specie di giallo scanzonato, che regge per la prima parte, ma si disunisce sempre più con lo scorrere dei fotogrammi.
Troppo caricati i personaggi di Rosalba, nel ruolo della folle svampita, che si trasforma poi in un’assassina, e quello di Mimì, incapace di contenere la disperazione della giovane moglie.
La sequela di omicidi, che, nella testa del regista, avrebbe scatenato un vagone di risate, crea solo confusione. Il regista spoglia, qua e là la Schubert e la Ferreol, ma le scene di nudi sono solo ai margini della narrazione.
Caruso non riesce a limare il suo personaggio e Caprioli, relegato in un piccolo ruolo, se la cava con il mestiere.
Tra le interpreti femminili da segnalare la presenza di Erika Blanc, attrice di tanti gialli erotici italiani e presente anche nello stesso anno ne La portiera nuda di Luigi Cozzi.
Non meno importante la partecipazione di Karin Schubert, già presente nel ’72 in Quel gran pezzo dell’Ubalda tutta nuda e tutta calda di Mariano Laurenti e nello stesso anno in Racconti proibiti…di niente vestiti di Brunello Rondi. L’attrice tedesca, prima di concedersi all’hard, proseguirà il filone con Emanuelle nera di Adalberto Albertini (1975) e l’esilarante La dottoressa sotto il lenzuolo di Gianni Martucci (1976), al fianco di Alvaro Vitali, Gigi Ballista e Orchidea De Santis.
Nel cast Pippo De Luca nei panni del brigadiere Bragolin, Tano Cimarosa ed Empedocle Buzzanca, in quelli del notaio Dioguardi.
Curiosità: il titolo rimanda a un’espressione siciliana che indica una strage della mafia con meno di dieci morti.
Per un approfondimento sul tema si rimanda al volume di Ignazio Senatore “La commedia sexy alla napoletana Enzo Cannavale, Vittorio Caprioli Carlo Giuffrè”, edito da Il Foglio Letterario – 2024
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