Julien Bouin (Jean Gabin), tipografo in pensione, e Clémence (Simone Signoret), ex acrobata, ormai zoppa, vivono, senza figli, in una modesta casa alla periferia di Parigi.
Dopo venticinque anni di matrimonio il loro rapporto è ormai al capolinea e, quando non litigano, preferiscono che il silenzio scandisca le loro anonime giornate.
Julien trova un gattino che chiama Greffier, lo coccola e lo riempie di premure e, di tanto in tanto, per spezzare la monotonia, trascorre qualche ora nell’Hotel Floride, un albergo ad ore, gestito da Nelly (Annie Cordy), una donna dolce e paziente, un tempo sua amante, che lo esorta a separarsi dalla moglie e a trasferirsi da lei.
Clémence prova, invano, a scalfire la durezza di Julien e a chiedergli perché è così gelido e distante, ma lui taglia corto e le ricorda che il loro rapporto è finito da un pezzo.
Delusa e frustrata, dopo l’ennesimo scambio di insulti, Clémence abbandona Greffier in un supermercato e poi, in un impeto d’ira, lo uccide.
Julien allora fa le valigie e si rifugia da Nelly. Passano i giorni e Clémence trascorre le giornate fuori l’hotel Floride nella vana speranza di rivedere Julien che, quando ritorna a a casa, le dice che non le rivolgerà più una parola e che comunicherà con lei solo mediante dei bigliettini.
Mentre è sola in casa Clémence è colpita da infarto e muore. Julien…
Con stile asciutto, il regista traspone sullo schermo l’omonimo romanzo di Georges Simenon e ambienta questo dramma amaro e senza speranza nello scarno appartamento dei protagonisti.
Dopo aver prosciugato i dialoghi, riducendoli all’osso, e aver fatto uso di flashback che mostrano la giovane Clémence, vittima di un incidente quando si esibiva come acrobata nel circo, Granier-Deferre mostra come un marito e una moglie, un tempo innamorati, possano diventare due estranei, fino a non scambiarsi più neanche la più pallida carezza.
Il regista parigino non spiega i motivi che hanno spinto Julien ad essere così duro con la moglie e parimenti non condanna, né giudica Clémence per l’uccisione del gatto e il suo gesto è collocato all’interno della malsana dinamica di coppia.
La demolizione delle case intorno all’abitazione dei protagonisti amplifica ancor più quel clima claustrofobico e soffocante che si respira nel film.
Jean Gabin, insuperabile, premiato meritatamente con l’Orso d’argento al Festival di Berlino 1971 come miglior attore e Simon Signoret come miglior attrice. Incomprensibile la scelta del fuorviante titolo nella versione italiana.
Per un approfondimento sul tema con schede film e commento critiche si rimanda alla lettura di “Cinema mon amour I 100 film francesi da amare” di Ignazio Senatore – Classi Editore – 2024
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