Le persone normali non hanno nulla di eccezionale di Laurence Ferreira Barbosa – Francia – 1993

14 Aprile 2015 | Di Ignazio Senatore
Le persone normali non hanno nulla di eccezionale di Laurence Ferreira Barbosa – Francia – 1993
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Martine (Valeria Bruni Tedeschi) una ragazza sola ed inquieta, cade in frantumi dopo che è stata lasciata da Francoise, il suo fidanzato. Nella speranza di potersi leccare le ferite, si rifugia in una casa di accoglienza per malati di mente dove si trova in compagnia di un manipolo di pazienti psicotici. Tra questi  c’è Frank, uno strano ragazzo che ha sempre le cuffie in testa ed ascolta musica ventiquattro ore su ventiquattro ed Annie, una silenziosa e timida ragazza che crede che il suo corpo si sta sminuzzando in mille pezzi. Martine sembra subito a suo agio e rilegge il luogo del ricovero come una nicchia che la protegge dal mondo esterno. Il centro poi, offre numerose “distrazioni”: corso di disegno, fotografia, cucito, laboratorio di creta e di ceramica, musicoterapica, danzoterapia e scuola di tennis. Man mano che la trama si sviluppa, assistiamo alla lenta e graduale “presa in carico” dei pazienti da parte di Martine che s-co ( i) nvolge la vita del gruppo, fungendo da elemento detonatore, trascinatore e di raccordo. Martine (al di là dei suoi problemi di relazione) è attratta dal luogo che la ospita anche perchè lì può agire i propri desideri in nome di altri; venuta a conoscenza che Anne è platonicamente innamorata di un ragazzo, si  traveste da detective e combina l’incontro tra i due “innamorati”. Quando il terapeuta comunica alla paziente che è prossima la sua dimissione, Martine reagisce, andando su tutte le furie. Come stabilito, Martine è dimessa. Ma quale sarà il suo destino?

Film su quelle rughe dell’anima che, pur non essendo “visibili”, s’annidano nell’essere umano e sulla difficoltà di dar voce ad un disagio che, non ha forma, colore e nome.  Laurence Ferreira Barbosa al suo primo lungometraggio) evita di appesantire il film con la solita paziente schizofrenica, in preda a deliri o allucinazioni ma ci narra di Martine una ragazza (come tante) che deve lottare per spiegare al padre ed al suo terapeuta che non è in grado di reggere agli urti della vita. Non si lambiscono i lidi “esistenziali” di Antonioni, né si respira, in questo film, quel clima “soffocante”di certe opere fin troppo impegnate ed autoriali; il disagio della protagonista, però, si vede, si tocca e non mancano le schegge di puro romanticismo. Il film subisce, però, nel corso della narrazione delle brusche interruzioni di ritmo ed appare spesso stanco, ridondante e ripetitivo e le caratterizzazioni dei personaggi appaiono un po’ troppo sbiadite e scolorite. Valeria Bruni Tedeschi riesce a calarsi completamente nei panni della protagonista ed offre, in questo film, una delle sue più intense interpretazioni

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