Leningrad cowboys go America di Aki Kaurismäki – Finlandia, Svezia – 1989

Vladimir (Matti Pellonpää) è il manager di una band denominata “Leningrad Cowboys”, composta da nove eccentrici e bizzarri componenti che indossano scarpe a punte, hanno una bizzarra capigliatura che termina con un ciuffo e dei baffi enormi. Il gruppo riceve un’offerta per suonare a New York e, giunti nella Grande Mela, si esibiscono in piccoli locali, raccogliendo pochi consensi.

Nonostante siano musicalmente molto modesti, il loro manager, autoproclamatosi Mosè, organizza per loro una tournée in Europa; dovranno partire però su una barca a vela, approdare a sud di Terranova e suonare poi in Bretagna, a Francoforte, a Dresda e in Polonia. Le tappe del loro tour saranno, a dir poco, movimentate anche perché, ritenuti responsabili del furto del naso della Statua della Libertà e considerati dei pericolosi terroristi. Riusciranno i “Leningrad Cowboys” a ribellarsi al loro dispotico manager? Ma il Messico li aspetta e…

Il cinema di Kaurismaki (La fiammiferaia, L’uomo senza passato, Miracolo a Le Havre…) è così personale che non ammette mezze misure; o lo si odia o lo si ama. Ne è l’ennesima prova questo film stravagante e demenziale, con una trama a dir poco traballante, che nostra degli improbabili rockabilly, che tappa dopo tappa, cambiano abbigliamento e suonano ogni tipo di genere (country, jazz, rock, marcette, rhythm and blues) e nei posti più disparati (in una sala Bingo, ad un matrimonio, per strada, in una scuola).

I dialoghi sono pieni di non sense e la trama è attraversata da una comicità e da un umorismo nordico che strappa qualche sorriso (su tutti il chitarrista che la band credeva morto e che trascinano nel loro tour in una bara, sul finale resuscita). Cameo del regista Jim Jarmusch nei panni di un venditore di auto.

Per un approfondimento sul tema “Cinema e musica” si rimanda al volume di Ignazio Senatore “Cantanti, musicisti e rock band”, edito da Arcana.