Dopo che la figlia ha venduto la casa al mare, dove ha sempre vissuto, Alessandro (Bruno Ganz), anziano poeta, ammirato da tutti per le sue opere, inizia un lungo girovagare senza meta. Incontra un bambino albanese, lavavetri clandestino e, intuito che sta per finire nelle mani di persone senza scrupoli, lo prende con sé e lo accompagna nella sua terra d’origine. In un continuo flusso di memoria rievoca alcune figure del passato, tra cui Solomos (Fabrizio Bentivoglio), un poeta italiano dell’Ottocento che ritorna in Grecia e, pur di riappropriarsi della lingua materna, compra dagli abitanti dell’isola le parole a lui sconosciute. Alessandro rievoca, in maniera distaccata, il festoso matrimonio della figlia e poi immagina di incontrare la madre e la moglie Anna (Isabelle Renauld). Afflitto da un dolore fisico lancinante, frutto del male che lo sta divorando, confida al medico che ha deciso di ricoverarsi in ospedale e sale su un autobus dove incontra nuovamente Solomos e…
Anghelopulos (Il volo, Paesaggio nella nebbia, Il passo sospeso della cicogna, Lo sguardo di Ulisse) compone un film, rigoroso ed essenziale, sospeso tra presente e passato e immerso preferibilmente nella nebbia. Bruno Ganz riesce a dare volto ad un poeta che, con i suoi scritti, ha formato intere generazioni e che, con la vita agli sgoccioli, si nutre ormai solo di ricordi e di sogni ad occhi aperti. Tra questi quello relativo a Solomos, un poeta che altri non è Ugo Foscolo, che ritorna a Zacinto per scrivere versi nella lingua materna. Peccato che sia una figura di sfondo e, seppur ricompare nel finale, recitando una poesia, svanisce troppo presto come un soffio di vento.
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