Anno 1968. Praga. Tomas (Daniel Day-Lewis), stimato neurochirurgo, corre dietro le gonnelle e, grazie al suo fascino, seduce le infermiere più belle dell’ospedale.
Attratto da Sabina (Lena Olin), una sensuale pittrice, con la quale ha una travolgente relazione, s’innamora della dolce Tereza (Juliette Binoche), una modesta cameriera di paese, con la passione per la fotografia, e la sposa.
Pur non essendo politicamente impegnato, Tomas pubblica un articolo “Re Edipo”, nel quale si interroga su come sia cambiato il concetto di etica nei secoli.
Un tempo, Edipo, dopo aver scoperto di aver ucciso il padre e aver sposato la madre; per i sensi di colpa, si cavò gli occhi,
Ai suoi giorni, invece, politici e funzionari cecoslovacchi, complici della repressione messa in atto dal governo russo, a danno di centinaia di connazionali torturati, giustiziati e rinchiusi nelle carceri, fanno finta di non sapere quanto sia successo e continuano ad andare a braccetto con i sovietici.
Nel bel mezzo di quella stagione, definita “la primavera di Praga”, durante la quale il popolo cecoslovacco si batte per la completa riabilitazione di tutti i perseguitati e per la libertà di parola e di stampa, i russi reagiscono, invadendo la Cecoslovacchia.
Tereza, intanto, che si strugge per i continui tradimenti di Tomas, inizia a fotografare i connazionali morti e feriti e i carri armati russi che hanno invaso le strade di Praga.
Per aver consegnato un rullino a dei turisti olandesi, è fermata dalla polizia. Lei e Tomas decidono allora di trasferirsi a Ginevra, dove si era rifugiata anche Sabina, che si lega a Franz (Derek De Lint), un docente universitario e attivista politico che, invaghitosi di lei, è sul punto di abbandonare moglie e figli.
Tomas trova lavoro come medico e Tereza, stanca dei suoi tradimenti, ritorna a Praga. Tomas, senza più passaporto, la segue e, per il suo vecchio articolo, non può riprendere a lavorare in ospedale finché non ritratta quanto aveva scritto in passato.
I due vanno a vivere in campagna, ospiti di un vecchio amico contadino, testimone delle loro nozze, dove finalmente ritrovano un pizzico di serenità.
Una notte, dopo una festa, per un incidente d’auto, perdono la vita entrambi. Sabina apprenderà la notizia negli Stati Uniti dove vive da tempo da sola.
Liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Milan Kundera e sceneggiato dallo stesso regista con Jean Claude Carriere, il film si snoda su due piani; quello della storia che coinvolge i protagonisti della vicenda e quello della Storia, con la S maiuscola, che descrive l’invasione russa in Cecoslovacchia.
Tomas è descritto come uno spensierato e inguaribile dongiovanni, alla costante ricerca di quel dettaglio che rende una donna diversa dalle altre ma, anche e soprattutto, come un uomo assetato di libertà che non piega la testa di fronte al Potere e che, pur amando il proprio lavoro, non recede dalle proprie battaglie, in cambio del posto in ospedale.
A dargli, forse, questa forza interiore, è proprio la fragile e tenera Tereza, una creatura semplice, ma pulsante che, sconvolta da quando sta accadendo nel suo Paese, rifiuta l’allettante offerta di esser pagata profumatamente per fotografare cactus e modelle.
Kaufman indugia un po’ troppo sulle scene di sesso, anche se patinate e mai pruriginose, che fungono da netto contrasto con le immagini dure dei filmati di repertorio in bianco e nero che testimoniano quella terribile invasione. Nel cast Erland Josephson, nei panni di un ambasciatore.
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