Augusto Odon (Nick Nolte) e di Michaela (Susan Sarandon) sono i genitori di Cristina, Francesco e Lorenzo (Zac O’Malley Grrenburg), un bambino di cinque anni colpito da adrenoleucodistrofia (ALD), una malattia degenerativa molto rara, incurabile ed ereditaria.
In assenza di farmaci efficaci, Lorenzo, costretto a rimanere immobile a letto, privo della vista e della capacità di parlare, è destinato a spegnersi, giorno dopo giorno.
Michaela, donna energica e battagliera, grazie all’appoggio del marito, somministra al figlio un farmaco sperimentale a base di acido oleico che loro stessi, pur non essendo medici, hanno prodotto.
La comunità scientifica non dà credito alla loro ricerca, ma il farmaco funziona, l’evolversi della malattia sembra arrestarsi e Lorenzo migliora.
I titoli di coda ci informano che il farmaco degli Odon soprannominato “l’Olio di Lorenzo” è stato accettato ufficialmente come cura per l’ALD.
Agli Odon è stata attribuita la laurea ad honorem in medicina e Lorenzo, negli anni, ha recuperato la vista, ha cominciato ad articolare suoni, a girare la testa ed ha imparato a comunicare con il mondo esterno grazie all’aiuto del computer.
Il regista, ex medico, mette in scena una storia vera, accaduta sul finire degli Anni Ottanta.
Il film, dolente e commovente, ha un taglio quasi documentaristico ed é infarcito da eccessive disquisizioni scientifiche sulla funzione degli acidi grassi insaturi e di alcuni enzimi che all’interno del nostro organismo evitano l’ostruzione della circolazione sanguigna.
La sofferenza del piccolo protagonista e dei suoi genitori si tocca con mano e l’immagine di Lorenzo immobile sul letto, intubato e con lo sguardo perso nel vuoto è difficile da cancellare.
Da segnalare una particina per Peter Ustinov nei panni del professor Nikolais.
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