Lolita di Adrian Lyne – USA – 1997 – Durata 133′ – V.M 14

25 Febbraio 2021 | Di Ignazio Senatore

Il professor Humbert Humbert (Jeremy Irons), insegnante britannico di letteratura francese, si trasferisce a Ramsdale, una piccola città del New England. Alla ricerca di un alloggio, s’imbatte in Charlotte (Melanie Griffith), una vedova dal carattere fragile, ma ancora piacente, che vive con Lolita (Dominique Swain), l’inquieta figlia dodicenne. Humbert rimane stregato dalla provocante e acerba bellezza della ragazzina e accetta di prendere in affitto una stanza nel loro appartamento.

Le giornate scorrono piacevolmente e, mentre Charlotte fa una corte spietata al professore, lui è sempre più rapito dai comportamenti fortemente seduttivi di Lolita. Humbert sposa Charlotte e, quando lei muore in un incidente d’auto, diventa l’amante della capricciosa, viziata e instabile Lolita.

Con lei girovaga per l’America ma, ossessionato dal timore di perderla, diventa sempre più irascibile e scontroso. Stufa dei suoi atteggiamenti, lei fugge via con Clare Quilty (Frank Langella), un vecchio e lascivo produttore, e fa perdere le proprie tracce.

Humbert continua a cercarla e la ritrova tre anni dopo incinta e senza il becco di un quattrino. Dopo aver provato, invano, a convincerla a ritornare a vivere con lui, si reca a casa di Quilty e …

Lyne (Flashdance, 9 settimane e ½, Attrazione fatale, Allucinazione perversa, Proposta indecente, L’amore infedele….) porta sullo schermo lo scandaloso romanzo di Vladimir Nabokov.

Rispetto alla mirabile precedente trasposizione cinematografica di Stanley Kubrick del 1962, non solo spoglia la figura di Clare Quilty della sua clownesca cialtroneria, ma dona un maggiore tocco d’umanità a Lolita, mostrandola, nelle ultime battute del film, con il pancione. In questa versione laccata, dai caldi colori pastello, il regista lascia sempre fuori campo le scene bollenti tra i due protagonisti e avvolge la pellicola di una patinata sensualità.

Al centro della narrazione i due ambigui protagonisti; da un lato Humbert, un professore dai modi gentile ed eleganti, ma emotivamente bloccato e immaturo, che si lascia letteralmente prendere al laccio dalla sfrontata e ammiccante Lolita che, avendo intuito la sua profonda inquietudine, lo stuzzica, lo provoca, lo fa ingelosire e finisce per spedirlo direttamente all’inferno.

Dall’altro Lolita, adolescente che, seppur fragile, infantile e insicura, affronta la vita a muso duro e si gioca fino in fondo le proprie emozioni.

A ben vedere é lei la vera vittima della vicenda; orfana dei genitori, vive la propria adolescenza punteggiata dalla relazione malata con Humbert, che, invece di proteggerla e prendersi cura di lei, la trascina in una storia senza sbocchi che la segnerà, in negativo, fino a trascinare anche lei negli abissi.

Il visino candido e innocente di  Dominique Swain lascia il segno e va segnalata, all’inizio del film, la malsana confessione di Humbert: 

“Un uomo normale davanti alla fotografia di un gruppo di alunne, se dovesse indicare la più bella, probabilmente non sceglierebbe la ninfetta. Bisogna essere artisti, folli, bisogna essere pieni di vergogna, di malinconia, di disperazione, per riconoscere in mezzo alle altre il micidiale demonietto. Spicca anche lei tra le sue compagne, inconsapevole del suo straordinario potere.”

Curiosità: come nel romanzo di Nobokov, Lyne lascia che Lolita abbia dodici anni a differenza di Kubrick che, nel suo film, lasciava credere che ne avesse sedici.

Al tempo delle riprese Dominique Swain aveva quindici anni.

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