Tanti, e seppur diversi tra loro, i film le cui trame si dipanano dalla perdita di un figlio ancora piccino e sui successivi sconquassi emotivi che travolgono i genitori. Segue la scia, con qualche piccola eccezione, il film di Koij Fukada. Protagonisti, la tenera Taeko, madre di Keita, avuto da un precedente matrimonio, e il marito Jiro. Keita muore per una tragica fatalità e la coppia sembra scompagnarsi; Jiro si riavvicina a una sua ex e Taeko, mossa dai sensi di colpa per la morte dei figlio, mossa da istanze riparative, si prende cura di Pak, il papà coreano, sordomuto di Keita, un cialtrone furbo e bugiardo, ma tenero e indifeso. Il regista di Tokyo diserta il melodramma e compone un film che cattura per l’essenzialità e la delicatezza della narrazione. Il dolore è lasciato sottotraccia, ma si sente ed è palpabile come lo spaesamento dei due protagonisti che affrontano con dignità e coraggio il dramma che li ha travolti.
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