Il giovane Leonardo Vitale (David Coco), per compiacere suo zio Titta (Toni Sperandeo) noto boss mafioso, uccide due uomini ed in breve tempo, sfrontato, deciso e sicuro di sé, diventa capo di dieci picciotti. Dopo essere stato accusato ingiustamente del sequestro Cassina, dopo quaranta giorni in cella di isolamento in carcere, va in crisi. Personalità disturbata e complessa, è colto da una crisi mistica ed in una chiesetta rivela agli inquirenti i crimini commessi e fa i nomi di parenti, amici e pezzi grossi che appartengono alla cosca mafiosa. Il giorno prima dell’udienza, Rosalia (Anna Bonaiuto) sua madre va a trovarlo in carcere e gli comunica che Toto, il suo amatissimo cugino, è stato barbaramente ammazzato e che lei e gli altri componenti della famiglia sono in grave pericolo. Vitale brucia in cella i vestiti, s’incide con un cucchiaio una croce sull’addome ed in aula, durante il processo, si presenta con un rosario in mano ed afferma di non ricordare nulla e di non sapere nemmeno cosa sia la mafia. Vitale crolla psicologicamente, zoppica, balbetta e, dopo aver subito i primi ricoveri in Ospedali Psichiatrici ed essere stato sottoposto ad otto elettroshock, vaneggia al punto che le sue precedenti deposizioni perdono ogni valore investigativo. Dopo undici anni di manicomio criminale Vitale torna in libertà nel 1984 ma pochi mesi dopo è freddato da un sicario con cinque colpi di pistola. Il film si chiude con una lettera che Vitale scrisse alla madre nella quale racconta di aver dimenticato l’inferno che aveva passato in quegli anni e con una frase di Giovanni Falcone che ricorda come lo Stato, a differenza della mafia, abbia sottovalutato l’importanza delle confessioni di Vitale.
Pellicola diretta con taglio televisivo da un regista che s’ispira ai film di impegno civile e che prova a scandagliare nella mente di una personalità complessa e sofferente come quella di Leonardo Vitale, il primo pentito della mafia. Incerti, supportato in sede di sceneggiatura da Hedrun Schleef e dallo stesso Parlagreco, più che narrare le gesta di un eroe che sfida la mafia prova a raccontare una storia piena di ombre e di misteri ma sceglie un taglio troppo scolastico che ne pregiudica la fruizione. Nel corso del film il regista mostra fugacemente Vitale, in preda ad un vero e proprio delirio paranoideo, impegnato in un colloquio con uno psichiatra del manicomio; dopo aver risposto a qualche domanda, credendolo un nemico, si rifiuta di parlare con lui, e prima di chiudere la seduta, gli confessa che, in altri tempi, l’avrebbe ucciso con la lupara. Successivamente Incerti ci mostra il protagonista con indosso un camicione bianco sottoposto ad ESK-terapia e punta la macchina da presa sul suo volto sofferente, mentre trema per effetto delle scosse e stringe in bocca un pezzo di ovatta, per non mordersi la lingua. Nel corso del film compare sulla scena anche un personaggio dal look scapigliato ed alternativo che si presenta come lo psicoterapeuta del manicomio e si offre di perorare con il direttore della struttura la sua causa; qualche scena dopo si scopre che è un paziente. Tratto dall’omonimo libro di Salvatore Parlagreco.
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