Dopo aver picchiato selvaggiamente la moglie e cercato di uccidere due persone, Henry Benson (George Segal), un tecnico elettronico specializzato in robot, si sottopone volontariamente a un intervento chirurgico che blocchi sul nascere i suoi istinti aggressivi e violenti. L’équipe chirurgica cui si affida gli impianta nel collo un computer grande come un francobollo e un trasmettitore che regola le sue onde cerebrali mediante impulsi tranquillizzanti. Ma dopo aver gridato al miracolo, lo staff chirurgico subisce un terribile smacco. Benson uccide Angela Black (Jill Clayburgh), una spogliarellista accorsa in suo aiuto, e successivamente assale Janeth Ross (Joan Hackett), valente collaboratrice dell’équipe medica. Viene freddato come un cane, in un cimitero, dal classico poliziotto-yankee che lo crivella di colpi dall’alto di un elicottero. Dopo il clamoroso insuccesso, la scienza medica continuerà a innestare computer nel cervello dei soggetti ammalati.
La storia, seppur affascinate (è tratta da un romanzo di Michael Crichton), è purtroppo tradotta sullo schermo in maniera piatta e scolastica. Privo di guizzi visivi e di un minimo intreccio narrativo, il film affascina solo per il tema trattato. Il regista è troppo attento ai risvolti scientifici della vicenda, al punto che l’interminabile operazione cui è sottoposto il paziente rallenta ulteriormente il ritmo del film.
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