Immaginate un regista italiano che trae ispirazione per un film a partire da una poesia di Petrarca, Pascoli o Ungaretti? Difficile che accada, per non dire impossibile.
Rob Epstein e Jeffrey Friedman, invece, con coraggio, hanno reso omaggio alla celebre poesia “Urlo” di Allen Ginsberg, diventata il manifesto della Beat Generation, ed hanno confezionato una pellicola originale che ci riporta al 1955, anno nel quale a San Francisco, l’allora ventinovenne poeta in un reading, la lesse di fronte al pubblico del Six Gallery.
La pellicola è idealmente divisa in più parti; una (abbastanza noiosa) che ci riporta alle aule del tribunale dove Ginsberg fu accusato di oscenità insieme a Lawrence Ferlinghetti (Andrew Rogers), il suo editore; un’altra (la più debole) con inserti d’animazione che traducono in immagini i versi della poesia.
Un’altra ancora che esplora le riflessioni di Ginsberg sulla letteratura e sull’arte dello scrivere ed, infine, quella più convincente (in bianco e nero) che mostra Ginsberg (James Franco) che legge “Urlo” e che racconta le sue frequentazioni con Jack Kerouac (Todd Rotondi) Carl Solomon, Neal Cassady e Peter Orlowsky.
Sullo sfondo gli amori omosessuali del poeta, il suo ricovero di otto mesi in un manicomio ed il suicidio della madre. Splendido documento dell’epoca, il film rispolvera i fantasmi del maccartismo, ripropone una riflessione sulla libertà d’espressione e fa riflettere sui tabù, duri a morire, che infestano ogni epoca.
Splendida la colonna sonora di Carter Burwell. Nel cast Jeff Daniels, Alessandro Nivola, Mary Louise Parker. Una produzione di Gus Van Sant.
Recensione pubblicata su Segno Cinema – N. 171 Settembre – Ottobre 2011
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