Mi piace lavorare – Mobbing di Francesca Comencini – Italia – 2003

11 Settembre 2023 | Di Ignazio Senatore

Anna (Nicoletta Braschi) segretaria di terzo livello, vive con Morgana (Camille Dugay) la figlia adolescente ed il papà anziano e malato. L’azienda nella quale lavora da anni ha subito una ristrutturazione ed il responsabile del personale, senza fornirle alcuna spiegazione, le cambia mansioni, le affida dei compiti sempre più svalutanti, fino a privarla di un ufficio e di una scrivania.

Anna, gran lavoratrice, piega il capo, accetta tutto in silenzio senza mai ribellarsi neanche quando le chiedono di cercare in archivio delle bolle fantasma. Dopo aver continuato a ingoiare rospi ed a subire vessazioni, sempre più apatica e depressa, crolla. Dopo un breve periodo di riposo ritorna in azienda e il suo capo le chiede di firmare una lettera di dimissione. In un finale consolatorio Anna trova la spinta per partire per un viaggio con Morgana che da tempo aveva programmato.

La regista (Pianoforte, Le parole di mio padre, A casa nostra, Lo spazio bianco, Un giorno speciale, Amori che non sanno stare al mondo…) va lodata per aver affrontato coraggiosamente un tema scottante come quello del mobbing (termine con il quale si definisce l’insieme di pressioni psicologiche a cui è sottoposto un lavoratore, che possono spingerlo fino a lasciare il posto di lavoro).

La Comencini gira con la macchina a mano e, fatta eccezione per la protagonista, si affida a degli attori non professionisti. La vicenda umana della protagonista è toccante e la regista è attenta nel mostrarci le sottili manovre dei dirigenti ufficialmente coprono Anna di lodi e di sorrisi, rimarcano che è una lavoratrice precisa e scrupolosa ma, di fatto, la squalificano, la svuotano, la fanno sentire inutile, le fanno mancare le sue certezze ed in maniera sotterranea, la spingono a mollare.

Emarginata dai colleghi e circondata da un’irreale cortina di indifferenza, Anna, dopo essere stata sballottata da un ufficio all’altro, deprivata di una propria identità lavorativa, sarà costretta ad ascoltare il suo capo che, nel comunicarle che ha deciso di mandarla via, le dirà:

“Doveva fare squadra ed ha creato il vuoto intorno a lei. Lei ha grandi capacità ma rispetto ai ritmi di questa azienda lei non è adeguata. Forse lei ha bisogno di  un azienda più tranquilla, con dimensioni più piccole, in cui il tempo sia meno fagocitante.“

Al di là della vicenda umana la pellicola, perennemente in bilico tra il documentario ed il film denuncia, è visivamente insufficiente; non solo perde paurosamente ritmo ogni qual volta mostra l’assemblea dei lavoratori in lotta ma gli inserti nei quali compare Morgana sono slegati dal resto della storia.

Non convince, infine, il finale consolatorio. Vincitore della Sezione Panorama al 54° Festival di Berlino (2004).

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