Napoli nel cinema (2° parte)

4 Febbraio 2020 | Di Ignazio Senatore
Napoli nel cinema (2° parte)
Senatore giornalista
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Nel precedente numero della Rivista ho mostrato i rapporti sul grande schermo tra Napoli e le donne, il cibo, la musica, la camorra e la superstizione. Proseguirò questo viaggio, proponendo altre cinque possibili itinerari.

Napoli come pallone: E’ nel cuore dei tifosi azzurri Quel ragazzo della curva B di Romano Scandariato, interpretato da Nino D’Angelo, uscito nella sale nell’anno del primo scudetto del Napoli. Messo da parte il divertente Paulo Roberto Cotechino, centravanti di sfondamento di Nando Cicero, con Alvaro Vitali e una procace Carmen Russo, più che Maradona la mano de Dios di Marco Risi, biopic un po’ romanzato sul “nino de oro”, credo abbia una marcia in più il bel docu-film Maradonapoli di Alessio Maria Federici.

Napoli e la follia: Città passionale e spesso estrema, ha messo in scena amori tragici e tormentati sfociati spesso nella follia. Più che il vibrante Immacolata e Concetta l’altra gelosia di Salvatore Piscicelli e il recente La tenerezza di Gianni Amelio, la palma del più melanconico e struggente la merita Ossidiana di Silvana Maja (2007) che ruota intono alla figura della pittrice, Maria Palliggiano, morta suicida e moglie di Emilio Notte, (interpretato da un gigantesco Renato Carpentieri), allora direttore dell’Accademia di Belle Arti della città. Un film che offre anche un mirabile squarcio sui fermenti artistici e culturali della Napoli degli anni Cinquanta.

Napoli psicoanalitica: Più che il notturno e sincopato Denti e l’inquieto e misterioso Napoli velata di Ferzan Ospetek, ad esplorare i meandri della mente è stato Mario Martone con il suo L’amore molesto (1995), grazie ad una trama sospesa tra presente e passato, mette a nudo l’anima di Amalia (Anna Bonaiuto), la fiera e pulsante protagonista.

Napoli che fa ridere: Che Napoli sia la patria della comicità è un dato inoppugnabile. Basti pensare ai film interpretati da Totò, Pappino De Filippo, Nino Taranto, Carlo Giuffrè, Carlo Buccirosso, Maurizio Casagrande o diretti da Vincenzo Salemme, Alessandro Siani e Luca Miniero. Un posto nel pantheon lo meritano certamente il graffiante La donna scimmia di Marco Ferreri (1964) ed Operazione San Gennaro di Dino Risi (1966), film che ci regala anche uno sguardo laico e ironico sui rapporti tra Napoli e il sacro. La scelta è ardua e, pilatescamente, metto sullo stesso piano non solo Ricomincio da tre (1981) e Scusate il ritardo di Massimo Troisi (1983) ma anche Così parlò Bellavista (1984) e Il mistero di Bellavista (1985), diretti da Luciano De Crescenzo (1984).

Napoli e i bambini: Più che Salvatore Piscicelli con Baby gang (1992), Antonietta De Lillo con Non è giusto (2002) o Ivan Cotorneo con La kriptonite nella borsa (2011) è Antonio Capuano l’innegabile cantore dell’innocenza perduta dei bambini partenopei. Già nel 1991 squarciò il panorama con il suo vibrante Vito e gli altri e negli anni successivi ha continuato a dar loro voce con i poetici Pianese Nunzio 14 anni a maggio (1996), film coraggioso sull’amore proibito tra un prete pedofilo e un adolescente della Sanità e con il successivo La guerra di Mario (2005).

Prima di congedare il lettore non posso non citare due film apparentemente agli antipodi che mostrano appieno le contraddizioni che vive la nostra città. Se Le quattro giornate di Napoli di Nanni Loy (1962) mostra con quanta energia il popolo napoletano, unico al mondo, sia riuscito a cacciare i tedeschi invasori, ne Le mani sulla città di Francesco Rosi (1963) è mostrato, invece, come  negli anni Sessanta, costruttori edili e politici senza scrupoli abbiano deturpato una città incantevole come Napoli.

Articolo pubblicato sulla Rivista Dodici -N.5. Marzo 2020

 

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