Algeri, anni ’90. La diciottenne Nedjma (Lyna Khoudri), studia francese all’università, ma è appassionata di moda e sogna di fare la stilista.
Spirito libero ed indipendente, la sera esce dal dormitorio di soppiatto con Wassila (Shirine Boutella) e Samira (Amira Hilda Douaouda, le inseparabili amiche.
La sua passione è, infatti, quella di andare in discoteca, cambiarsi d’abito, truccarsi e, a fine baldoria, eludendo i controlli, rientrare, poi, in cameretta a notte fonda.
Le tre amiche, vestite alla moda con jeans e camicette fanno progetti sul futuro, ma Nedjma più volte dichiara che, differentemente da loro, non vuole abbandonare la propria terra, seguire il fidanzato in Europa, ma realizzare gli abiti che disegna.
Il clima nel Paese si fa però sempre più teso e delle milizie terroristiche, appartenenti a delle frange del fondamentalismo islamico, uccidono le donne che non vogliono portare il niqab, la tradizionale veste femminile di color nero, e impongono loro di abolire trucco, smalto e vestiti occidentali.
Linda (Meryem Medjkane), la sorella di Nedjma, una giornalista indipendente e freelance, è giustiziata sotto casa da una fondamentalista e Samira, su pressione del fidanzato, per paura di rappresaglie, finisce per indossare lo hijab.
Per non arrendersi a quel clima intimidatorio e oppressivo, la battagliera Nedjma, organizza una sfilata nell’università con le amiche cooptate come modelle.
Il suo obiettivo è presentare le sue creazioni che danno un tocco più moderno all’hàik, la veste femminile di color bianco in cotone delle genti berbere, simbolo della resistenza nazionale contro il colonialismo francese. Riuscirà nell’impresa?
La regista algerina Mounia Meddour, all’esordio, s’ispira a degli eventi autobiografici (a diciott’anni fu costretta a trasferirsi a Parigi con il padre regista e la sua famiglia perché erano finiti nel mirino dei terroristi), fa un grande uso dei primi piani della giovane e coraggiosa protagonista e impagina un film dalla doppia atmosfera: sfrontata e spensierata nella prima parte, drammatica e angosciante nella seconda.
Con maestria, la regista, nella prima parte, lascia che le azioni violente siano sullo sfondo e organizzata da frange isolate e poco organizzate.
Man mano che la narrazione procede il cerchio intorno a Nedjma e alle sue amiche si stringe sempre più e il clima di violenza diventa efferato, fino a culminare nell’agghiacciante e spiazzante scena della sfilata all’interno dell’università.
Il titolo del film originale sta per “bella ragazza” ma anche “indipendente” e “fricchettona”. Curiosità: la distribuzione del film in Algeria all’uscita del film fu bloccata, ma circolava sul web.
Questo sito utilizza strumenti di raccolta dei dati, come i Cookie. Questo sito utilizza Cookie tecnici e di terze parti per fornire alcuni servizi. Maggiori Informazioni
Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.