Il dottor William Henry Benson (Stelio Condelli) sta correndo in piena notte al capezzale di un ammalato. Sul ciglio di una strada intravede una donna sola e spaventata e automaticamente frena. Ma la donna è scomparsa e nella corsia opposta William scorge il corpo di Susan (Rita Calderoni), svenuto e riverso in un auto. Alla ricerca d’aiuto William raggiunge un castello che appare inizialmente disabitato.
Entra in alcune stanze, ma s’imbatte in scene orrifiche e insolite: un uomo in abiti ottocenteschi con un coltello piantato nella gola che, con un sorriso sarcastico, gli chiede che cosa stia cercando e successivamente un vampiro che sta succhiando il collo di una donna. Dopo aver dato un’occhiata in giro, si sofferma su un quadro che raffigura una donna identica a Susan. Un attimo dopo, al suo fianco appare la ragazza del quadro e contemporaneamente la sua immagine sparisce dal dipinto. La fanciulla dice di essere Evelyn e si rivolge a lui chiamandolo Peter. Nel frattempo Susan si è risvegliata e, raggiunto il castello, incontra un vecchio che improvvisamente scompare; un attimo dopo si materializza un signore, vestito con un elegante abito da sera che, avendo notato il suo smarrimento, le dice: “Quante cose ci sembrano e non sono e quante lo sono, invece, e sembrano del tutto inesistenti. Un’illusione, come la vita. Ci si illude di vivere, di amare, di morire e quando ci si accorge dell’errore, si preferisce non vedere e allora tutto diventa un incubo. Ci avete mai pensato?”. In un continuo ribaltamento di piani tra reale e irreale, William e Susan incontreranno il loro doppio grazie allo zampino di Satana (James Harris); proveranno, inutilmente, a scappare, ma dopo una festa dal sapore orgiastico verranno catapultati nella realtà. Sul ciglio di una strada William rivede Susan svenuta in auto con in mano un ciondolo che le aveva regalato Satana in persona.
Solvay confeziona un film visionario, volutamente slegato, condito con scenette erotiche e innaffiato da citazioni dal carattere filosofico-esistenziale: “Ricordare? Che cos’è il ricordo se non una frazione di tempo avvolta nella parentesi del passato. Il passato non è più nel tempo; il tempo è silenzio. Qui non c’è spazio per i ricordi. Né passato né presente, ma il sempre di ora”. Il film è una festa per gli occhi, un vero delirio di immagini e il regista mostra di saper muovere la macchina da presa soprattutto quando ci mostra l’incubo della protagonista, corredato da un coro di voci femminili in sottofondo. Dopo aver fatto l’amore con una donna e averla uccisa, lei viene invasa da una serie di immagini in rapida successione: fiammelle che si muovono al vento, gli occhi di Satana che la fissano immobili, una donna che beve una coppa piena di sangue e che viene trafitta da un paio di pugnalate. Il sogno/incubo termina con la protagonista che precipita nel vuoto e dopo essere caduta in un enorme ragnatela, lotta con un ragno gigantesco che la vuole divorare. Un eccesso di simbolismo e una straripante velleità autoriale danneggiano il film, che meritava però un pizzico di fortuna in più.
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